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Sardegna

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Vivere la campagna

Investiamo in progetti collettivi per rimettere in moto l'economia rurale

campi coltivati

Friday, January 25, 2013 - COMUNICATO STAMPA

Sviluppo e nuove opportunità per i sardi possono nascere dalla valorizzazione dell'economia locale e dalla produzione di ricchezza aggiuntiva.

Per riavviare l’economia della Sardegna sono necessari progetti collettivi straordinari, di pronta implementazione e a ritorno immediato. Possibile che non si sia compreso che tramite le province era, volendo lo è ancora, possibile attuare progetti collettivi finalizzati alla produzione di ricchezza e di nuove opportunità di lavoro? Se non si agisce con determinazione attraverso azioni non comuni che incoraggino l’economia, continueremo a vivere nel Paese delle non decisioni e delle norme che soffocano le imprese e il lavoro locale.

L’economia territoriale deve essere riconsiderata da subito, perché può contribuire decisamente ad invertire la tendenza negativa creata dalla terribile crisi nazionale ed internazionale. Crisi che in Italia ha preso un piega ancor più grave a causa delle norme del Patto di stabilità che ha bruscamente frenato l’economia locale danneggiando soprattutto l’edilizia e con essa le imprese e i lavoratori. Quel Patto, così come codificato, ha impedito alle province e ai comuni di aprire cantieri e realizzare opere necessarie con i fondi, che risultano giacenti nelle loro casse e inutilizzabili. Chi ha sostenuto l’abolizione delle province, senza valutare le conseguenze negative connesse allo smantellamento dei servizi pubblici, ha la responsabilità del gran caos che ne è scaturito. Era noto che si trattava di una campagna contro il territorio e contro chi lo abita: chi ha posto al centro la questione del superamento delle province come necessaria per porre fine allo spreco delle risorse pubbliche, sapeva bene che in realtà il peso più grave nel sistema della pubblica amministrazione è quello dello Stato centrale e delle Regioni. Stato e Regioni che, pur avendone la competenza, poco hanno fatto per riavviare l’economia del paese. Ancora oggi, in piena campagna elettorale, si ripetono le solite questioni ma non emerge una proposta precisa che ponga al centro del dibattito politico la questione della ripartenza dell’economia reale.

Dalle campagne può scaturire il futuro sostenibile, eppure nessuno affronta il tema in modo propositivo. Non c’è argomento che possa avere la precedenza rispetto alla questione del lavoro. La proposta serve oggi e non domani, perché chi non ha lavoro vive in modo drammatico la sua esistenza. Quando il numero dei poveri si assesta su otto milioni di persone, le forze politiche hanno il dovere di mettere al centro dei programmi e del dibattito l’educazione al lavoro e l’individuazione della via della ripartenza. E’ necessario dare spazio alle politiche ambientali, agricole e del lavoro partendo dall’idea che è doveroso coltivare la campagna, conservare l’ecosistema e produrre quanto è necessario per l’alimentazione zootecnica, senza ricorrere, come sta avvenendo, alle massicce importazioni di derrate. Per far questo occorre cambiare prospettiva e proporzioni degli interventi pubblici rinnovando la politica e ponendo al centro dei programmi di sviluppo il territorio, l’uomo, le biodiversità e l’economia reale. L’aver messo in discussione il sistema delle province, senza una carta che definisse a monte il sistema della pubblica amministrazione, è stata una follia che pagheremo per molto tempo. L’aggravante però sta nell’aver occultato, attraverso la questione delle province, il fallimento del sistema regione sempre più pesante, costoso e incapace di indicare le strade della ripresa economica. Oggi chi possiede la leva per sostenere lo sviluppo è solo la Regione e ad essa va attribuita la responsabilità del rallentamento dell’economia.

Nei momenti difficili si agisce con scelte coraggiose, ma questo non è stato fatto! Per uscire dall’immobilismo occorre un progetto collettivo di rinascita che coinvolga tutte le rappresentanze della politica regionale, che abbiano la volontà di affermare che dai campi è possibile far ripartire l’economia. E’ tempo di bilanci di previsione: il prossimo bilancio della Regione si distinguerà se sarà in grado di aprire la strada alla Sardegna sostenibile, a quella Sardegna che sa badare a se stessa utilizzando la forza produttiva del territorio.
Fulvio Tocco