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Sardegna

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Vivere la campagna

L’alleanza dei contadini e pastori per salvare la Sardegna - un commento del Presidente Fulvio Tocco

Campo di grano

Thursday, August 6, 2009 - COMUNICATO STAMPA

Un commento di Fulvio Tocco
L’alleanza dei contadini e pastori per salvare la Sardegna.

Sono bastati 50 anni per relegare ad attività economica e sociale marginale il settore primario che nell’isola ha 5000 anni di storia. Ora se ne pagano le conseguenze. Può apparire paradossale, ma una nuova relazione tra contadini e pastori e l’unità delle organizzazioni professionali agricole potrebbe incoraggiare una nuova economia.

Siamo ad un passaggio cruciale della storia autonomistica della Sardegna, ad una stretta nella quale si misurerà la qualità delle forze in campo, la capacità di progettare la ripresa economica. La contrattazione forte col governo di Roma, messa in atto dal governo Soru, va recuperata interamente. Le straordinarie attenzioni recenti del Governo a favore della Sicilia ci devono far riflettere seriamente e ci dicono che i primi a difendere l’isola dobbiamo essere noi sardi. Non aspettiamoci regali. Lo spirito di appartenenza è un valore da recuperare aldilà degli schieramenti. Noi sardi dobbiamo tirarlo fuori per segnare la via della ripresa. La Sardegna è nelle condizioni per potercela fare. Deve condividere al suo interno le regole della ripartenza che non possono essere disgiunte dalla valorizzazione delle risorse locali. Rispetto al passato abbiamo il turismo e la cultura che costituiscono una carta in più da poter giocare, e questo è già un vantaggio di per sé. Una globalizzazione senza regole e senza istituzioni porta con sé una carica di preoccupante anarchia lasciando le decisioni a chi domina il mercato. C’è chi ha scritto “Oltre la paura” (Massimo D’Alema), chi ha scritto “La paura e la speranza” (Giulio Tremonti), chi ha scritto “Il paesaggio” (Michael Jakob) e chi ha scritto “Un piano per salvare il pianeta” (Nicholas Stern). Sono quattro testi di altissimo spessore politico, economico e culturale che possono stimolare chi ha a che fare con le istituzioni e le organizzazioni sociali. Quattro testi da leggere. La politica sarda, quella dei partiti e quella delle rappresentanze sociali, deve tener conto del contenuto di questi quattro testi, consacrati dal grande pubblico dei lettori, per riscrivere le pagine d’indirizzo dello sviluppo futuro, senza paura. L’economia della regione sarda è dominata dall’industria agroalimentare del comparto lattiero caseario, dalla coltivazione dei cereali da granella che in virtù di un progetto sperimentale proposto e attuato dalla Provincia del Medio Campidano può essere ampliato facilmente su scala regionale con l’espansione della coltivazione delle leguminose, vero laboratorio biologico della natura. Di questa enorme fortuna strategica non ne abbiamo tenuto buon conto a dovere, in nome di una politica affidata esclusivamente al mercato. Da qui la scarsa considerazione dei prodotti tipici locali. Latte che entra, latte che esce dall’isola a seconda della convenienza mercantile del momento, in barba all’economia complessiva e della prospettiva. Cereali che entrano e che escono. Quelli che entrano magari si trasformano per ottenere prodotti sardi “buoni per natura”. Questa tendenza va superata se si vuole contribuire ad individuare una nuova via dello sviluppo e valorizzare ciò che si produce in Sardegna. Per le aziende agroalimentari che utilizzino esclusivamente latte sardo, grano sardo, legumi sardi, carne sarda, si potrebbe giustificare addirittura un sostegno del bilancio pubblico affinché questi prodotti concorrano alla creazione della ricchezza isolana a beneficio di tutta la collettività. Valorizzare i prodotti trasformati, certificando le materie prime utilizzate per ottenerli, consentirebbe di inserirci naturalmente in un’ampia campagna di Marketing. L’isola è una delle maggiori produttrici di formaggi pecorini di qualità, questa caratteristica va mantenuta e migliorata con le materie prime ottenute dalla campagna sarda. Lo stesso discorso vale per la valorizzazione del suino sardo, riconosciuto recentemente per decreto sesta razza nazionale. Altrettanto vale per la pasta, gli insaccati, o i prodotti da orto. Dallo sviluppo dell’agricoltura può dipendere il futuro dei sardi. Basta alzarsi la mattina e ci si accorge che non c’è attività economica che non dipenda dall’andamento del settore primario. L’andamento della debole condizione economica e sociale isolana è frutto della mancata considerazione dell’agricoltura. Sono bastati gli ultimi 50 anni per relegare ad attività marginale un settore che nell’isola ha 5000 anni di storia. Questo dato ci deve far riflettere. La classe dirigente italiana dell’era dell’industrializzazione ha prodotto, purtroppo, tale dato. Noi sardi non ci siamo opposti abbastanza. I danni potevano essere ancora maggiori, se non fosse intervenuta quell’inversione di tendenza degli ultimi anni, che a livello mondiale ha deciso di ripartire, senza indugio, dalla riconsiderazione piena dell’agricoltura attraverso il concetto secondo cui “l’agricoltura è vita” e che senza il contadino si perde la campagna. Non si può perdere quel bene collettivo di 5000 anni, che incorpora centri rurali, beni artistici e culturali da preservare per sempre. Può apparire paradossale, ma una nuova relazione tra contadini e pastori, potrebbe promuovere una nuova economia. I pastori sono i custodi di un patrimonio zootecnico di 3 tremilioni e 600.000 mila capi di pecore e capre. Questi animali per produrre un buon latte hanno bisogno di un’alimentazione integrata che normalmente si acquista dal mercato internazionale o nazionale. Facciamo un esempio: i pastori che ricorrono al mercato per 200 grammi di cereali e legumi al giorno, per capo, fanno girare circa 56/60 milioni di euro l’anno. Se questi alimenti fossero offerti dai contadini sardi, motivati da un sostegno (che colmi il divario di costo con le agricolture del nord Europa), che si rimettono a coltivare cereali, legumi e foraggi, questa ricchezza ruoterebbe in casa a vantaggio dell’economia sarda. L’aiuto pubblico in questo caso agirebbe da volano virtuoso. Per quanto di questi tempi, una simile prospettiva possa sembrare utopica, credo che vada la pena di provarci. Contadini e pastori per salvare l’economia della Sardegna. In sostanza, la politica sarda deve presentarsi con coerenza sulla scena socio-economica, coniugando come si dovrebbe il senso della propria dignità e, insieme, quello delle proprie responsabilità.