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Sardegna

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Vivere la campagna

Malloreddus, lorighittas, pellizzas, breve viaggio tra i tesori dell'isola

marraconis fibaus lunghi e regolari spaghetti poi intrecciati tra le dita

Friday, March 23, 2012 - L'UNIONE SARDA

Semola di grano duro, acqua e sale e la fantasia delle donne

Sese una maccarrona. C'era qualcosa di incredibilmente affettuoso nel modo in cui la tata di Cheremule si rivolgeva alla bambina, coprendola di baci. Era un modo originale per dirle sei una burlona . Quale fosse il nesso tra il maccherone e la burla è un mistero. Di sicuro il maccherone evocava ed evoca gioia. Nella sua Relazione sull'isola di Sardegna , uno dei più preziosi diari di viaggio dell'Ottocento, il capitano della Royal Navy William Henry Smith annota come i «sardi fanno un uso frequente di maccheroni, fidelini e paste di diverse altre forme (....) e ci sono pranzi campestri chiamati maccaronadas .
LA PASTA Basta questo per capire quanto la pasta, o meglio le tante paste che raccontano la Sardegna, siano un elemento importante nella gastronomia. Una combinazione essenziale, farina di grano duro, sale e acqua, e un'incredibile fantasia nel battezzare piccole opere d'arte: malloreddus, maccarrones, lorighittas, andarinos, filindeu, pellizzas, tallutzas. Seguendo i nomi si potrebbe persino immaginare un viaggio: il giro della Sardegna in quindici paste .
IL GEOGRAFO Un passo indietro, fino al 1154. I primi a battezzare la pasta secca sono stati i siciliani e a scoprirlo un geografo arabo al-Idrisi, arrivato alla corte normanna di re Ruggero II per celebrarne la grandezza con un planisfero. Al-Idrisi scopre, non lontano da Palermo, Trabia una rigogliosa località dove si facevano i vermicelli, gli itriyya , parola araba con la quale si indicano lunghi e sottili fili di farina essiccata che venivano cotti in acqua bollente. Col tempo della parola araba restò il termine trie che ancora oggi sta a indicare strisce di pasta simili alle tagliatelle. Marco Polo con i suoi spaghetti cinesi è arrivato 150 anni dopo.
IL GIORNO DEL GIUDIZIO Torniamo a casa. Proprio come fa Peppino ne Il giorno del giudizio di Salvatore Satta. «Finalmente giunse un telegramma nel quale Peppino annunciava che sarebbe tornato per una lunga licenza (….). Donna Vincenza chiamò a raccolta tutte le donne (...) e le impegnò a preparare tutti i manicaretti nuoresi (...) gli antichi dolci di formaggio fresco pazientemente lavorato, sos culurjones, fatti di mandorle e di limone, sos maccarrones cravàos, i piccoli gnocchi schiacciati con l'unghia .
Siamo a Nuoro ma potremmo essere in Baronia dove questo tipo di pasta si chiama maccarrones de punzu (di pugno). La stessa pietanza si potrebbe mangiare perfino in Gallura ma tra i graniti i maccarrones diventano chiusòni o ciusòni , sempre gnocchetti di semola di grano duro.
Maccarrone indica anche i ciciones termine logudorese per chiamare gli gnocchetti, quelli che trionfano in abbondanza, le domeniche d'estate, nella popolare spiaggia sassarese di Platamona, conditi con sugo rosso e pecorino. Un'eccellente alternativa è con il sugo di carne, il ghisadu . Maccarrone sono i più conosciuti e celebrati malloreddus campidanesi. E malloreddu altro non è che il diminutivo di malloru, cioè piccolo vitello. Scrive Luciano Marroccu in Scarpe rosse, tacchi a spillo «....Sa cosa le dico, avvocato Serra, ci vorrebbe una lingua comune, una lingua sarda unificata, ecco che cosa ci vorrebbe. (...) L'arrivo dei malloreddus portò a una svolta della conversazione che si indirizzò appunto verso i malloreddus. Più che una conversazione fu un monologo durante il quale Sarritzu illustrò i diversi modi in cui venivano abitualmente preparati per arrivare poi a declamare l'ortodossia, sugo di pomodoro, salsiccia fresca con salvia, zafferano, pecorino stagionato, tutti gli altri erano barbarismi. .
UNA PAROLA, UN UNIVERSO Maccarrone sono anche quelli de busa, un tipo di pasta sempre di semola di grano duro vicina ai fusilli. Il termine sembra derivi dall'arabo bus che indica lo stelo di una pianta, intorno al quale anticamente si avvolgeva la sfoglia. Nel logudorese invece la stessa si chiama maccarrones a ferrittu e si faceva con ferro da calza.
CUORE DI GRANO Nel tour delle paste c'è una sosta che vale il viaggio: è in Marmilla, cuore di grano della Sardegna. È certamente qui, nelle case contadine di Siddi, Morgongiori, Masullas, che le donne hanno forgiato le paste più belle e originali, come preziosi gioielli. E non basta la fantasia con la quale hanno chiamato i loro capolavori per raccontarne il profondo significato. Le paste sono legate a rituali della festa, in particolare, Ognissanti e la Commemorazione dei defunti. Allora sì che si possono dedicare energie per affrontare anche i marraconis fibaus lunghi e regolari spaghetti poi intrecciati tra le dita, così laboriosi da fare, che persino i diavoli, al solo nome, indietreggiano. Un rito pagano e religioso allo stesso tempo, che assegna alla pasta, come al pane, un valore prezioso. Spesso piatto unico, quasi sempre condito col sugo (in rosso) del galletto ruspante o con pezzi di maiale. Sono paste rimaste a lungo custodite nelle case e che ora vengono proposte dai ristoratori più attenti con abbinamenti moderni come l'anguilla e il pecorino giovane o la salsa di melograno. Sono il frutto di un lavoro manuale che disegnano un itinerario, una scelta gastronomica che premia la qualità e la comunità. Ad aprire la strada è stata Slow Food che con le donne di Siddi ha fondato la comunità del cibo. Non si può lasciare Siddi senza aver gustato le tallutzas , dischetti di pasta fresca conditi come la fantasia suggerisce.
LORIGHITTAS Il tesoro gastronomico di Morgongiori si chiama lorighittas , sottili fili di pasta di semola intrecciati tra loro e chiusi a forma di anello, che ricordava quello di cuoio messo sotto il giogo delle bestie, mentre a Masullas impossibile non mangiare sas coambas pasta a forme di colombe o le crocoristas, .
L'archeologia della cucina conserva tesori come le pellizzas tipiche di Pattada, un nome che potrebbe evocare la concia delle pelli. Un piatto povero riconsacrato in una sagra, che anticamente veniva condito con il s'ozzu casu , ciò che affiorava dalla panna del latte. Non meno fantasiose le donne di Usini, creatrici degli andarinos , simili ai fusilli con un etimo difficile da decifrare: ricorderebbe l'andatura di un bambino in un girello ( andarinu in sardo). Cibo antico che identifica un luogo, una comunità.
RITI Fare la pasta in casa significava condividere un rituale. Se è così il piccolo viaggio non può che finire con un pellegrinaggio, quello che i nuoresi fanno a maggio e a ottobre partendo dalla chiesetta della Solitudine per arrivare a quella di San Francesco di Lula. Al pellegrino viene offerta una scodella ristoratrice di filindeu, un brodo di pecora nel quale sono stati cotti i fili di dio. Il capolavoro delle donne.
C. P.

Siddi, a scuola di tradizione
A Siddi, a scuola di pasta. Nel paese dove sono nati i marracois de xibiru, gli antenati degli gnocchetti, ora si può anche imparare a fare la pasta (e non solo) apprendendo i segreti delle donne del piccolo centro della Marmilla.
L'Accademia guidata dallo chef di S'apposentu Roberto Petza, è ospitata a Casa Puddu, un nome indissolubilmente legato alla pasta. Una scuola di saperi tradizionali, una barriera alla globalizzazione.