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Inverno 2006 - PSE Editore Srl

 

Il Castello di Sanluri. Viaggio alla scoperta dell’unico castello abitato della Sardegna, sede tra l’altro di tre importanti musei.

A poche decine di chilometri dalla città di Cagliari, il Castello di Sanluri colpisce il viaggiatore per la mole delle sue mura. All’interno, specialmente se si ha la fortuna di essere accompagnati dal Conte di Sanluri, il Castello riserva una serie di sorprese che mi hanno fatto esclamare “non avrei mai creduto che”. So di non essere stata l’unica.
Le origini del Castello di Sanluri sono quanto mai oscure e controverse, ma si suppone sia stato costruito nel tardo Medioevo dei Giudici di Arborea, che volevano proteggere i loro confini dal Giudicato di Càlari, i cui territori si spingevano fino a Sanluri. Dall’analisi delle fortificazioni risulta infatti che il castello sia stato costruito per combattere verso sud, ovvero a protezione dell’Arborea (l’odierna Oristano). L’occupazione della Sardegna da parte delle truppe Catalano-Aragonesi portò prima alla sconfitta del Giudicato di Cagliari, ed in seguito alla conquista dei Giudicati di Torres e di Gallura. 

Nel 1324 i vittoriosi Catalano-Aragonesi aggregarono il Regno di Sardegna alla Corona d’Aragona. Nel 1353 iniziarono le ostilità tra il Regno di Sardegna e il Giudicato di Arborea (ultimo Giudicato in mano ai Sardi): il borgo di Sanluri con il suo castello occupava un punto nevralgico del confine. Il conflitto durò oltre sessanta anni. Durante la prima guerra sardo-aragonese il Castello fu sede di un evento importante: nelle sue sale si firmò la Pace di Sanluri dell’11 luglio 1355, tra Mariano IV d’Arborea e Pietro IV il Cerimonioso, Sovrano della Corona d’Aragona, che così potè inaugurare lo stesso anno “con tutte le sue genti pacificate di Sardegna” il primo parlamento del Regno di Sardegna. Ma la pace durò appena dieci anni, per riprendere con rinnovata violenza nel 1366 (seconda guerra sardo-aragonese). 

Mariano IV, temendo un futuro attacco al proprio Giudicato, conquistò Sanluri e lo annesse ai propri territori. In una fase del conflitto, durante la reggenza di Eleonora d’Arborea, il Castello ritornò in mano aragonese in quanto la Giudicessa, ricattata dal re di Spagna che aveva imprigionato il marito, dovette consegnarlo senza combattere in cambio della sua liberazione. Non appena scarcerato il marito, ripresero le ostilità e nel 1391 Eleonora riconquistò Sanluri che rimase in mano agli Arborea per altri diciotto anni fino allo scontro decisivo di “sa Battalla”: il più grosso scontro di tutto il medioevo sardo per il numero di morti e forze impegnate, si combatté all’alba del 30 giugno 1409 poco fuori le mura di Sanluri e vide la sconfitta dei Sardi, portando alla decadenza del periodo giudicale e al completamento dell’occupazione dell’intera isola da parte delle truppe iberiche. Per punire il “tradimento” dei Sanluresi che avevano appoggiato la causa dell’Arborea, gli Aragonesi uccisero tutti gli uomini sopravvissuti e deportarono come schiave le donne del borgo. Finita la guerra, Sanluri diventò feudo e il Castello la residenza dei feudatari De Sena, poi passò agli Enriquez, poi ai Castelvì e infine per successione andò agli Aymerich che furono gli ultimi feudatari del paese, in carica fino al 1838 quando i feudi sardi furono acquistati dai Savoia. Il fatto che il Castello sia stato sempre abitato dai feudatari si è dimostrato la sua salvezza, in quanto le manutenzioni attuate dai vari proprietari l’hanno conservato integro: oggi, è l’unico castello ancora abitabile degli 88 castelli costruiti in Sardegna. 

LE COLLEZIONI DEL CASTELLO
Attualmente il Castello, completamente restaurato dagli attuali proprietari, i Conti Villa Santa, ospita – nei due saloni interni del mastio – due musei storici che espongono armi, cimeli, equipaggiamenti e documenti di grande importanza, che vanno dal periodo risorgimentale al 2° conflitto mondiale. Il primo museo fu istituito dopo la prima guerra mondiale per ricordare il gravoso tributo di soldati patito dalla Sardegna durante la prima guerra mondiale. Il Duca d’Aosta, comandante della terza Armata (nella quale i sardi avevano combattuto) decise di fondare un museo e chiese al suo fidato consigliere militare, il generale Nino Villa Santa, di individuare una struttura adatta ad ospitare tale museo. Il generale, che conosceva questo Castello ormai diroccato, lo acquistò dagli Aymerich e insieme al Duca lo ristrutturò e iniziò ad allestire il primo museo, con i cimeli di guerra che il Duca inviava in Sardegna. Tra questi primeggiano la bandiera della Vittoria che sventolò sulla città di Trieste liberata il 3 novembre 1918 e il Bollettino della Vittoria, l’originale, firmato da Armando Diaz. 

Diversi anni più tardi, durante il fascismo e le guerre coloniali, il generale Villa Santa comandò la divisione “Gavinana” che riconquistò la città di Adua abbandonata dalle truppe italiane trent’anni prima. Durante la spedizione in Abissinia, il generale Villa Santa, appassionato collezionista, raccolse un numero importante di oggetti che, finita la guerra, andarono a costituire il secondo museo storico militare ricchissimo di oggetti, documenti e equipaggiamenti del periodo. Le altre due ali del castello, che ospitarono il quartiere feudale durante l’occupazione catalano-aragonese, negli anni sono state completamente arredate dai Conti Villa Santa con mobili antichi, oggetti, sculture e dipinti che spaziano dal Rinascimento all’Ottocento. Da pochi anni il Castello di Sanluri ospita un terzo museo: il museo delle ceroplastiche artistiche. Sono 343 pezzi di grande pregio, che vanno dal Rinascimento fiorentino ai primi dell’800. 

È una delle collezioni più importanti d’Europa, di recente visitata dal critico d’arte Vittorio Sgarbi, che ne è rimasto incantato. Sono ceroplastiche artistiche, in gran parte miniature piccoli ritratti in rilievo, che rendevano meglio le figure sia per i colori del tutto naturali che per l’effetto della tridimensionalità. La cera è infatti il materiale ottimale per riprodurre l’incarnato, mentre le parti colorate venivano realizzate fondendo il pigmento nella cera stessa. Per questo motivo i colori sono rimasti naturali e uguali a come erano stati realizzati più di quattrocento anni fa. Dal Rinascimento in poi questi “ritrattino” ebbero grande diffusione, specialmente come precursori delle attuali fotografie.

La cera inoltre era utilizzata anche come materiale da bozzetto. Nel museo sono esposti molti bozzetti di future opere d’arte, tra i quali quello di una delle Naiadi della Fontana del Nettuno di Piazza della Signoria di Firenze, bozzetto realizzato dall’Ammanati, architetto e artista della famiglia De Medici. In esposizione vi sono anche cere dell’800 di cui alcune opere del Susini, famoso ceroplasta fiorentino celebre per le riproduzioni di parti anatomiche umane. Tutte le stanze del Castello sono comunque ricche di storia, arte e di importanti testimonianze. Particolarmente interessante è un epistolario di D’Annunzio che contiene le lettere che il poeta patriota inviava all’amico Nino Villa Santa. L’epistolario è stato ricostruito di recente e ci dà un quadro storico del periodo e dell’amore che D’Annunzio provava per la Sardegna e per i sardi. Il Castello è stato riconosciuto monumento nazionale con decreto ministeriale del 1961 e la collezione delle Cere è stata dichiarata di eccezionale interesse storico artistico con decreto del 1991. È uno dei 14 castelli italiani ad aver ricevuto dall’Istituto Italiano dei Castelli un riconoscimento per la sua funzione di divulgazione della cultura.