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Piano di valorizzazione dello zafferano

zafferano D.O.P. di Sardegna

La Provincia del Medio Campidano, con il Progetto denominato “Piano di valorizzazione dello zafferano” intende favorire, attraverso l’erogazione di contributi finanziari a fondo perduto, il sostegno agli operatori del comparto agricolo che intendono proporre interventi finalizzati alla valorizzazione della coltura dello zafferano.
L’obiettivo generale dell’intervento risulta quello di sostenere la produzione della suddetta coltura, attraverso l’applicazione di tecniche innovative atte a migliorare lo standard qualitativo del prodotto, e garantire una maggiore costanza della produzione indipendentemente dall’andamento delle condizioni climatiche.
Nel febbraio 2009 è arrivata la promozione da Bruxelles, che consente l'iscrizione nel registro delle denominazioni d'origine della spezia prodotta a San Gavino Monreale, Turri e Villanovafranca. La buona notizia, attraverso il Regolamento Ce 98/2009, sottoscritto dalla commissaria europea per l'Agricoltura Mariann Fischer Boel, è stata pubblicata il 3 febbraio 2009 sulla Gazzetta ufficiale Ue.
Lo "Zafferano di Sardegna" è il terzo zafferano che ottiene la denominazione di origine protetta dopo lo Zafferano dell’Aquila e quello di San Gimignano. La Dop è riservata al prodotto essiccato in stimmi o fili proveniente dalle coltivazioni di Crocus sativus L. coltivato nel territorio dei Comuni di San Gavino Monreale, Turri e Villanovafranca, situati nella provincia del Medio Campidano. Da un'attenta analisi qualitativa dello zafferano prodotto in Sardegna è stato riscontrato che il contenuto medio di crocina (l'elemento al quale è collegato il potere colorante dello zafferano), picrocrocina (l'elemento al quale sono riconducibili gli effetti euptetici ed il correttivo di sapore) e safranale (l'elemento al quale sono associate le proprietà aromatizzanti) è notevolmente superiore alla norma.
La cultura dello zafferano in Sardegna è molto antica e affonda le sue radici all'epoca dei Fenici che, probabilmente, la introdussero nell'Isola. Sotto il dominio punico e nel periodo romano e bizantino si consolidò la coltivazione e l'uso della droga nell'isola, utilizzata principalmente per usi tintori, terapeutici e ornamentali. Il logo della Dop “Zafferano di Sardegna” ha al centro un fiore stilizzato a sei tepali disposto a sinistra per lasciar spazio agli stimmi che si protendono verso destra e verso sinistra. In alto è disposta ad arco la dicitura "Zafferano di Sardegna", in basso la scritta "Denominazione di origine protetta".
Pochi fiori sono belli e affascinanti quanto quelli dello zafferano. Droga, condimento, colorante, afrodisiaco: lo zafferano è tutto questo ma anche di più. E’ un elemento prezioso, ricco, da rubare. Per questo c’è chi lo adultera. Dei circa 45 ettari coltivati in Italia, circa 35 ettari sono in Sardegna. In particolare a San Gavino Monreale (circa 20 ettari), vera capitale italiana dello zafferano, e poi in Marmilla, a Turri e Villanovafranca. Ma c’è una modesta produzione anche a Ozieri, Suelli, Orgosolo, Valledoria e Alghero. Nella ricetta dei malloreddus alla campidanese codificata di fronte al notaio dall’Accademia Italiana della Cucina- delegazione di Cagliari- si impone l’uso dello zafferano di San Gavino Monreale o di quello di Turri: non sono ammesse trasgressioni. Solo quelle due varietà (insieme a quello di Villanovafranca) hanno profumi e colori inimitabili e insostituibili, se si mira a un risultato gastronomicamente esaltante. Solo in quei Comuni si trovano le condizioni pedoclimatiche ideali per la coltivazione del “crocus sativus”. Il nome del fiore nasce da una leggenda. Il dio Mercurio, esercitandosi col lancio del disco, colpisce a morte il suo amico. Addoloratissimo, Mercurio, vuole ricordare in eterno la vittima di quella esercitazione maldestra e per questo colora il sangue del fiore sul quale giace il corpo di Crocus col sangue dell’amico: e da quel momento il fiore si chiamerà “crocus sativus”.
In cucina, oltre al risotto alla milanese, lo zafferano viene impiegato nella preparazione di ravioli, di dolci (a cominciare dalle pardulas) fino alle carni (dall’agnello al capretto), ai sughi e ai pesci (dalla spigola all’insalata di calamari allo zafferano). E mille altre ricette.
L'iter per il riconoscimento del marchio Dop per lo zafferano sardo era iniziato tre anni fa. Al Comitato promotore hanno aderito 93 produttori di piante officinali di San Gavino Monreale, Turri e Villanovafranca. Coprono il 93% di una produzione che sfiora i 40 ettari, la metà nel territorio di San Gavino. Il disciplinare della Dop limita a queste tre aree il riconoscimento della zona di produzione. Significa, per esempio, che i produttori di zafferano di Ozieri non potranno fregiarsi del marchio Dop.
La coltivazione dello zafferano ha una durata di 4 anni e il bulbo-tubero non può essere reimpiantato sullo stesso terreno prima di 4 anni. Come si legge nel disciplinare di produzione, i valori massimi di resa annua dello zafferano di Sardegna essicato sono pari a 15 chili per ettaro, 75 chili per quello fresco. Un prodotto legato a doppio mandato al territorio non solo per gli aspetti pedoclimatici e per le tecniche agronomiche, ma anche per una serie di manipolazioni tradizionali tramandate da secoli. Tra queste l'umettamento degli stimmi con olio extravergine nella fase che precede l'essiccazione.
A lungo lo zafferano fu indicatore dello stato sociale delle famiglie, oggi è una preziosa occasione per integrare il reddito. E ha spinto molti produttori ad avviare attività d'impresa. Un grammo di zafferano, sul mercato locale, si aggira tra i 6 e 7 euro. Ma in Abruzzo e in Toscana il borsino indica anche cifre triple. Molti produttori confidano ora nella Dop per imboccare nuovi canali commerciali.
Le Giornate di Valorizzazione dello Zafferano che si organizzano annualmente nei comuni di San Gavino Monreale, Villanovafranca e Turri, si pongono come obiettivo quello di utilizzare al meglio questo prodotto in termini di capacità attrattiva del territorio, prevedendo una serie di attività da proporre ai visitatori che li coinvolgano direttamente e fattivamente nell’ambito della produzione dello Zafferano. Dai convegni che si organizzano in questi centri è nata la proposta di redigere un piano che preveda la realizzazioni di nuovi impianti e la collaborazione con le Università di Sassari e Cagliari per la ricerca tecnologica che agevoli la raccolta sui campi e la mondadura del fiore. Per la valorizzazione del prodotto sul mercato gastronomico la provincia ha sottoscritto un accordo con le Città del Bio finalizzato a redigere un progetto specifico in collaborazione con le realtà di Cascia, San Geminiano e Navelli. Nel corso del 2009 verrà prodotto un Piano Organico di Valorizzazione che metta a frutto il lavoro già prodotto degli enti tecnici regionali e quello della Provincia del Medio Campidano.

 

 

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