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Sardegna

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Vivere la campagna

Andiamo in Marmilla, in Sardegna, dove si coltiva il melone «in asciutto»

melone in asciutto

mercoledì 9 giugno 2010 - VITA IN CAMPAGNA 5/2010

C’è un frutto che i fertili terreni della Marmilla regalano da tempi lontanissimi. Ci riferiamo al melone coltivato «in asciutto», che cresce senza essere irrigato, concimato e trattato con antiparassitari, la cui polpa, soda e di colore bianco-giallino, presenta un caratteristico aroma vanigliato. La terra dove si coltiva è anche ricca di arte, di storia millenaria e di una natura ancora selvaggia
Il melone, pianta erbacea annuale originaria delle zone tropicali dell’Asia e dell’Africa, viene coltivato da tempi antichissimi. Nell’immaginario collettivo questo frutto riporta alla mente le afose giornate estive, quando viene abbondantemente consumato per le sue proprietà dissetanti e rinfrescanti.
Al contrario il melone coltivato in Marmilla (Sardegna) rappresenta da sempre, per le genti di questa zona, una vera e propria riserva di frutta fresca per i mesi invernali, in quanto si conserva perfettamente dal momento della raccolta (da fine agosto a fine settembre) a tutto febbraio. Questo particolare melone, localmente denominato «melone de jerru» (melone d’inverno), è sopravvissuto fino ai nostri giorni e arrivato a noi grazie alla passione di alcuni agricoltori, per merito dei quali sta oggi conoscendo una nuova e felice stagione.
Viene coltivato senza l’impiego di acqua, concimi e prodotti antiparassitari


Il melone «in asciutto» – che non è una varietà ma un tipo locale coltivato da sempre dai contadini della zona, i quali ne conservano di anno in anno la semente – è di forma oblunga, con buccia liscia di colore verde scuro e striature giallastre e marroni una volta giunto a maturazione. La polpa, soda e di colore bianco-giallino, presenta un caratteristico aroma vanigliato.
Il «melone de jerru» viene coltivato seguendo un processo arcaico, in quanto i produttori, di norma, non ricorrono all’uso di alcun concime (organico o chimico) e di prodotti antiparassitari, al fine di ottenere un prodotto il più genuino possibile e di lunga conservabilità. Il terreno viene lavorato nei mesi estivi, subito dopo la mietitura del grano, e periodicamente erpicato per eliminare le erbe infestanti fino all’aprile dell’anno successivo, quando si esegue la semina, direttamente in pieno campo, tra l’ultima decade di aprile e i primi di maggio, tenendo una distanza di circa 2,5 metri tra una fila e l’altra.
Le piantine, una volta raggiunta l’altezza di circa 7-8 centimetri, vengono diradate e se ne lasciano circa 3000 per ettaro. Il terreno viene liberato dalle piante infestanti ogni venti giorni circa, durante i mesi di maggio e di giugno, e ogni dieci giorni in luglio.
A fine giugno ha luogo la fioritura, mentre la raccolta avviene da fine agosto a fine settembre: il tutto senza l’impiego di una sola goccia d’acqua.
Oggi, grazie al piano di valorizzazione sostenuto dalla provincia del Medio Campidano e alla realizzazione di un progetto sperimentale sostenuto sempre dalla provincia e in collaborazione con i comuni di Barumini, Collinas, Furtei, Genuri, Las Plassas, Lunamatrona (luogo di origine del prodotto che ancora lo celebra con una sagra annuale, che quest’anno si svolge dal 4 al 5 settembre; per maggiori informazioni contattate il numero telefonico 070 9356713), Pauli Arbarei, Segariu, Setzu, Siddi, Tuili, Ussaramanna, Villamar, Villanovaforru e Villanovafranca, si incentivano tutti quegli agricoltori che ripropongono la storica coltivazione del «melone de jerru » in Marmilla. La risposta non si è fatta attendere e oggi il «melone de jerru », coltivato secondo tradizione e seguendo un rigido disciplinare di produzione, è entrato a far parte del «Paniere dei prodotti tipici della Provincia Verde», un contenitore di prodotti agro-alimentari tradizionali tipici del territorio, al quale è stato affidato un messaggio: promuovere lo sviluppo locale in tutti gli angoli del mondo. Il Paniere diventerà presto un marchio di accompagnamento di tutti i prodotti che lo compongono, compreso il «melone de jerru», che hanno i loro punti di forza nella qualità e tipicità. Da alcuni mesi, nelle strutture ricettive del Medio Campidano e della meravigliosa Costa Verde, oltre che nei numerosi agriturismi, i visitatori possono degustare questo eccellente prodotto, quasi a suggellare un dialogo tra l’entroterra e il mare.

I Luoghi da visitare
La Marmilla è una subregione del Medio Campidano, giovane provincia istituita nel 2001 nel Sud-ovest della Sardegna, caratterizzata al centro dalla pianura del Campidano, a est dalle colline della Marmilla e ad ovest dal Monte Linas. Il Medio Campidano è un giacimento di beni ambientali e culturali: sono da ricordare l’altopiano della Giara di Gesturi, le dune di Piscinas, il complesso minerario di Montevecchio e la reggia di Su Nuraxi di Barumini.

L’altopiano della Giara di Gesturi, che raggiunge un’altezza di circa 600 metri, si presenta ricoperto di foreste di querce da sughero miste a lecci e roverelle, nelle quali sopravvivono gruppi di cavallini selvatici di piccola statura, dalla folta criniera, dagli occhi a mandorla e dal mantello baio (crini ed estremità nere e corpo marrone).
La costa, che si estende per cinquanta chilometri, è una delle aree più integre della Sardegna; nella parte meridionale assume un aspetto quasi desertico per l’estensione delle spiagge che, a Piscinas, si inoltrano verso l’interno per circa tre chilometri, con dune di 30-40 metri d’altezza, ricoperte da ginepro coccolone e da altre specie tipiche della macchia mediterranea, come ad esempio l’olivastro, il lentisco, la ginestra, il rosmarino, ecc. Tutto il territorio del Monte Linas conserva imponenti e numerose testimonianze di archeologia industriale; citiamo solo il complesso minerario di Montevecchio, chiuso nel 1991 e oggi oggetto di recupero conservativo.
La «reggia» di Su Nuraxi di Barumini, dichiarata dall’Unesco (Organizzazione della Nazioni Unite per l’educazione, la scienza e la cultura) patrimonio dell’umanità, è il maggior complesso nuragico dell’isola, la cui costruzione risale attorno al 1450 avanti Cristo.
Sempre in zona merita una sosta Sanluri, per visitare il Castello di Eleonora di Arborea, eretto nel XIII-XIV secolo e ancora oggi abitato, dove si conservano cimeli d’epoca raccolti in un museo risorgimentale.
A Gonnosfanadiga, centro risalente al VI-VII secolo dopo Cristo. situato alle pendici del Monte Linas, sono da visitare le chiese di Santa Barbara (XIV secolo) e quella campestre di Santa Severa (VIII-IX secolo). Il borgo è noto soprattutto per la coltivazione di una particolare varietà di oliva, la «Nera di Gonnos», alla quale viene dedicata una sagra, che quest’anno si svolge dal 19 al 21 novembre (per maggiori informazioni contattate il numero telefonico 070 9356713).
Merita una visita anche Villacidro, altro centro di antica origine posto all’ingresso della valle di Castangias, per le sue splendide cascate, per la chiesa di Santa Barbara del XVI secolo e per il lavatoio pubblico in stile liberty del 1893.
San Gavino Monreale, importante cittadina le cui origini risalgono al periodo nuragico (XVII-VI secolo avanti Cristo), deve la sua fama al rinomato zafferano che vi si produce e al quale viene dedicata una sagra internazionale, che quest’anno si svolge dal 12 al 14 novembre (per maggiori informazioni contattate il numero telefonico 070 9356713). Ma San Gavino Monreale è anche motivo di richiamo per gli appassionati di architettura campidanese: le sue case «a corte» sono costruite con l’utilizzo di mattoni di terra cruda e travi di ginepro e canne per i soffitti.

Altri frutti di questa terra: carciofo e zafferano
Tra i frutti della terra che danno ulteriore lustro al biglietto da visita di questo lembo di Sardegna tutta da scoprire vi sono, oltre al «melone de jerru», il carciofo spinoso sardo e lo zafferano Dop di Sardegna.
Il carciofo spinoso sardo (vedi foto a lato), sempre presente nella cucina dell’isola, si utilizza per preparare primi e secondi piatti, piatti unici a prevalente base di carne e contorni; per il suo gusto marcato e inconfondibile, gli intenditori consigliano di consumarlo crudo. Le parti che vengono usate sono il cuore carnoso, le foglie interne e la parte basale di quelle esterne del carciofo e il gambo, particolarmente tenero e saporito. Il carciofo spinoso sardo presenta forma conico-allungata, con foglie esterne solitamente verdastre che presentano accentuate sfumature violette, terminanti con una spina gialla, precocità di maturazione (si raccoglie a partire già da metà ottobre, fino a febbraio) ed elevata concentrazione di cinarina (sostanza che svolge un ruolo importante sia nel controllo del livello di colesterolo nel sangue che nella stimolazione delle funzioni biliari).
In Sardegna la coltivazione dello zafferano e il suo utilizzo, inizialmente limitato ai soli fini tintori, terapeutici e ornamentali, sono molto antichi. A partire dal XIX secolo l’uso dello zafferano si è esteso alla preparazione di pane, primi e secondi piatti, dolci. Attualmente, con 45 ettari di terreno coltivati, l’86% dei quali nella zona della Dop (Denominazione di origine protetta) del Medio Campidano, l’isola detiene il primato per la produzione di zafferano nel nostro Paese. La coltivazione è praticata esclusivamente a livello familiare, in piccoli appezzamenti; l’intera filiera produttiva è ancora tutta manuale, tra i campi e le pareti domestiche, e segue le tecniche agronomiche previste dalla coltivazione biologica, che vietano l’impiego di sostanze chimiche di sintesi. Lo «zafferano Dop di Sardegna» è il terzo zafferano che ha ottenuto la Dop in Italia, dopo quelli dell’Aquila e di San Gimignano (Siena). La Dop sarda è riservata al prodotto proveniente dalle coltivazioni presenti nei comuni di San Gavino Monreale, Turri e Villanovafranca, nei quali si trovano condizioni di clima e di terreno ideali per ottenere zafferano dal profumo e dal colore inimitabili.
Mariella Cossu

Si ringrazia il servizio Innovazione Tecnologica della Provincia del Medio Campidano per la gentile collaborazione.