Logo della Provincia del Medio Campidano

Sardegna

Salta la barra di navigazione e vai ai contenuti

Vivere la campagna

Di corbezzolo, cardo o millefiori resta sempre il dolcissimo miele

miele

venerdì 16 marzo 2012 - L'UNIONE SARDA

Dal Cantico dei cantici al pastore sardo e alla carne arrosto
di Caterina Pinna

....e tue labbra stillano nettare, o sposa, c'è miele e latte sotto la tua lingua e il profumo delle tue vesti è come quello del Libano.... (cap.4 11 Lo sposo) Cantico dei cantici, La Bibbia.
Era già contenuta nel più bel libro d'amore mai scritto, tutta la dolcezza del miele. Lo sposo corteggia la sposa e la lusinga chiedendo alle delizie della natura parole in prestito. Eppure il miele sa essere anche amaro, proprio come racconta il titolo del libro di Salvatore Cambosu. L'autore cita un verso di Virgilio: «Immo ego Sardoniis videar tibi amarior herbis» (Bucoliche, ecloga VII, 41) (dunque sembravo a te più amaro del ranuncolo, sardonia herba ) dove ritorna il sapore aspro. Cita anche il generale La Marmora secondo il quale il gusto amaro del miele dipende dal fatto che le api visitano di preferenza i fiori del corbezzolo. Da qui lo stupendo ossimoro.
APPICCICOSO Balsamico, nutriente, dolcificante, caramelloso ma anche terribilmente appiccicoso, il miele ha avuto un ruolo di primo piano in cucina: i romani lo usavano per le salse agrodolci e come conservante alimentare. Carlo Magno obbligò ogni contadino ad allevare api. L'uomo apicultore prese il posto dell'uomo cacciatore, raffigurato in una pittura rupestre ritrovata in Spagna: insensibile alle api, il cacciatore afferra i grumi di miele nascosti nei favi. A mettere in crisi la sorte del miele sono stati i viaggi di Cristoforo Colombo che col Nuovo Mondo, scoprì anche lo zucchero, responsabile del tramonto del nettare degli dei.
MIELE E DOLCI Nella gastronomia sarda, il miele trova largo impiego nei dolci. Uno su tutti: le seadas che a ben pensare noi sardi abbiamo solo reso più gustose. Un dolce di formaggio intriso di miele appare già tra le innumerevoli portate della famosa cena di Trimalcione descritta da Petronio. Ma che cosa sarebbe il torrone di Tonara senza lo splendido miele che profuma dei boschi intorno al paese? Per non parlare dell'aranzada nuorese: le scorzette d'arancio vengono condite con miele e scaglie di mandorle. Un matrimonio tra l'agro e il dolce tra i più riusciti. Un generoso velo ambrato ricopre gli acciuleddi della Gallura e i nastri di pasta leggera delle origliette , piatto del Carnevale.
NETTARE DEGLI DEI Se il miele è il nettare degli dei, la Sardegna è il giardino dell'Eden. La ricchezza della flora e un clima dolce offrono una varietà di mieli forse unica per le sue proprietà dolcificanti e nutritive. Si va dal pregiato miele di corbezzolo, decisamente amaro e ricercato, al miele balsamico di eucalipto; a mieli con un retrogusto di cardo a quello delicato di lavanda; c'è quello calmante di arancio e quello stimolante del rosmarino, fino ad arrivare al miele millefiori che racchiude tutti i profumi e le caratteristiche della flora sardo-mediterranea.
CARNE DI CAPRA C'è chi lo spalma sul pane, chi lo usa per addolcire le bevande, chi cura tosse con latte e miele, chi lo usa per i piatti di carne. Abbinamento che i pastori della Barbagia e dell'Ogliastra avevano già da tempo sperimentato: un cucchiaio di miele veniva cosparso sulla carne di capra arrosto. In tempi di mancanza di sale, prodotto costoso, il miele rappresentava un elemento di sapidità in cucina, facilmente reperibile perché avere api era piuttosto diffuso. E col miele, che una volta non era così raffinato e che rischiava di andare a male, si faceva anche la sapa. «Un prodotto riscoperto - spiega Consuelo Casu che ha una piccola azienda a Uta che porta il suo nome -. Erano soprattutto gli anziani a richiederlo». Dopo qualche ricerca ecco che la profumata sapa di miele «fatta a lungo bollire insieme alla scorza d'arancia e alla mela cotogna che serve da naturale addensante». Una squisitezza per accompagnare formaggi piccanti, ricotta o anche la semplice lattuga. Perché il miele è una consolazione. Basta pensare che il Signore disse a Mosè: « «Va! Riunisci gli anziani d'Israele e di' loro: Il Signore Dio dei vostri padri mi è apparso […] Vi farò uscire dalla umiliazione dell'Egitto, […] verso un paese dove scorre latte e miele».
 

Pene severe a chi lo rubava
Nella Mesopotamia, una delle grandi culle della civiltà umana, il codice di Hammurabi condannava a pene severe i ladri di miele. Nel 174-168 a.C. il pretore della Sardegna Caio Cicerejo dopo aver represso una sollevazione del popolo sardo per punizione lo tassò al pagamento di 200.000 libre di cera corrispondenti oggi a circa kg. 63.000, che per ottenerla si suppone potessero essere utilizzati 130.000 alveari.
 

Le cipolline in agrodolce
Quando si parla di miele non si può non citare un classico della cucina: le cipolline in agrodolce. È verò, si può utilizzare lo zucchero, ma quelle fatte con il miele e magari una fogliolina di alloro hanno un gusto speciale. Mettete in una casseruola 30 grammi di olio e 30 di miele, aggiungete 50 ml di aceto balsamico. Aggiungete le cipolline sbucciate e lavate, e l'alloro. Fate andare per 40' minuti stando attenti a che non si asciughino troppo.

L'ossimele, salsa barocca
L' ossimele è una ricetta antica conosciuta da greci e romani che con aggiunta d'acqua la bevevano d'estate per rinfrescarsi. Il sapore è agrodolce ottimo come condimento o salsa per pesce e carne lessa.
Ingredienti: 200 ml di aceto bianco. Due cucchiai di miele d'acacia. 5 grammi di sale e un pizzico di pepe, meglio se verde. Si porta a ebollizione l'aceto, si aggiunge il miele e il sale e si cuoce per 5 o 6 minuti.
 

L'ANTROPOLOGA
I Condaghi e i primi“apiaresos”

Il miele è un prodotto antico, utilizzato ampiamente nel Mediterraneo sino al Medioevo, periodo in cui iniziò a essere soppiantato dallo zucchero, introdotto in modo massiccio nella cucina europea dalla civiltà araba.
Nella notte dei tempi l'eroe culturale Aristeo girovagando per il Mediterraneo portò con sé le tecniche per addomesticare le api, cagliare il latte, coltivare le messi, l'ulivo e le viti; si fermò anche in Sardegna dove, stando al mito, rivoluzionò la cultura degli uomini di allora. Una statuina di Aristeo coperto di api è stata rinvenuta a Oliena, nel cuore dell'Isola, in località sa vidda 'e su medde.
Così probabilmente nacquero i primi dolci sardi, dall'impasto del pane col miele (e/o con la sapa, altro prodotto arcaico).
Il miele indirettamente si trova già citato nei Condaghi medievali, in particolare in quello di Bonarcado; si parla infatti in più passi di apicoltori, chiamati apiaresos (sing. apiaresu); ritroviamo il miele anche in don Martin Carrillo, seicentesco visitatore generale per conto del re di Spagna, nella descrizione delle straordinarie creazioni dolciarie delle donne sarde: «[…] Confituras de azúcar y miel […] hacen frutas de pasta y mi[e]l, y pasta de Marçapanes, con muchas labores muy vistosas y curiosas […]».
Oggigiorno in alcuni dolci sardi si utilizza ancora il miele, dall'aranzada a sa pompìa, un dolce presidio Slow Food a causa della sua bontà e particolarità, sino alla classica seada.
I sardi hanno sempre usato il miele anche come medicinale. Al miele amaro venivano attribuite proprietà curative; Padre Domenico Atzei riporta che in Gallura era considerato un ottimo vermifugo infantile così come a Alà dei Sardi e Berchidda, e per la debolezza di stomaco; lo stesso a Lanusei e nel Montacuto; a Osini era considerato un tonico, a Sinnai era usato per curare tosse e mal di stomaco.
Alessandra Guigoni