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Sardegna

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Mediatori culturali, il sogno realizzato

il sogno realizzato

lunedì 10 novembre 2008 - NUOVA SARDEGNA

San Gavino. Un ufficio in Provincia per i professionisti del dialogo

Felix, Mouharrir e Mirna esultano per Obama: «Superate le differenze»

Volete aprire una macelleria che venda soltanto le carni mangiate dai musulmani? Ecco chi può aiutarvi
Sulle scrivanie i quotidiani con la vittoria di Barack Obama, le foto di un nero che riscrive la storia e arriva alla Casa Bianca, altre immagini dell’America multicolor in festa. E tanti volti sorridenti anche qui, fra gli abbronzatissimi africani-sardi “mediatori culturali” a San Gavino, professionisti del dialogo fra mondi spesso contrapposti. Lavorano in un ufficio dell’amministrazione provinciale del Medio Campidano. “La svolta è per la politica mondiale, il bisogno di superare differenze di razza, di religione, del colore della pelle. The big dream, il grande sogno è diventato realtà”, scandisce Felix Adaudejan, 49 anni, portavoce per gli immigrati in Italia dal Benin. Ha 49 anni, è laureato in Ingegneria agraria, alla Sapienza di Roma ha collezionato la qualifica di nutrizionista. È lui - nato a Parakou, una delle città più popolose di uno degli Stati più poveri del mondo - a fare da ponte fra la burocrazia italiana e gli immigrati di lingua francese. “Aiutiamo chi ha bisogno di muoversi fra pratiche e uffici”. Nella scrivania affianco un altro mediatore, marocchino, lingua araba ovviamente, Mouharrir Mohamed, 34 anni, laurea in Lingua e letteratura francese. Arriva una giovane di Rabat, Mahjouba Zouggar, 29 anni. È in Sardegna da quattro anni, è stata colf e baby sitter, estetista, badante, aiuto cuoca. Abita a Serramanna dove si è sposata. Dice: “Vorrei aprire una macelleria di sole carni mangiate da noi musulmani, seguiamo una preparazione particolare, anche nel taglio, anche nella scelta dei vari pezzi da cucinare, badiamo alla selezione dei capi ovini che devono pascolare in terreni non inquinati da sostanze chimiche. Per raggiungere questo traguardo ho bisogno di consulenza, in quest’ufficio me la sanno dare, sono felice di trovare collaborazione dai miei stessi connazionali in un ente pubblico italiano”.

È una Sardegna che si conferma nei fatti laboratorio, crocevia internazionale di mutuo soccorso. Secondo di dieci figli, Felix ha sposato una psicologa sarda, Paola Sorrentino. Ha tre figli, tutti rigorosamente con almeno doppio nome: Alexandro Bidosseni di 12 anni, Houefa Joys Isabela di cinque, Stephane Vidjinnaghi di due. “Mi trovo bene in Sardegna, è una terra calda negli affetti”. Razzismo? “No. Le culture diverse devono convivere fra loro, bisogna promuovere l’integrazione, credo che l’elezione di Obama darà un forte impulso alla comprensione, a far cadere le tante e alte barriere che ancora esistono”. Così parlando si allunga la fila. Arrivano tre giovani donne polacche, un ragazzo nigeriano. Chiedono tutti di poter lavorare. Compilano questionari. Felix: “Appena abbiamo una proposta vi chiameremo”. Chiede Mougarrir a due giovani tunisini: “Farete qualunque lavoro vi capiti?”. La risposta è naturalmente sì. “Vi chiameremo”.

Succede a San Gavino, cuore del Medio Campidano, paese della ferrovia e della fonderia, dello zafferano e dei pallini da caccia ecologici, di un teatro e di un ospedale, del caseificio e di un centro metallurgico un tempo fra i più importanti dell’italica repubblica, una chiesa del 1300 e un informatissimo periodico (“Il Provinciale”) che esce ininterrottamente da diciannove anni. Un paese carico di problemi economici e sociali, tra i giovani non dilaga solo la disoccupazione.

Ai lati della vecchia stazione dei treni il Comune ha ristrutturato un edificio che era stato il dopolavoro degli operai Samim, società statale di trasformazione di metalli e minerali. Oggi - passato alla giovane amministrazione provinciale guidata da Fulvio Tocco - quello stesso palazzetto ospita gli uffici del Centro servizi per il lavoro, in sigla Csl, affidato alla responsabilità politica dell’assessore Velio Ortu che ha dato gambe a una struttura amministrativa che potrebbe apparire di pura fantasia. Quest’ufficio è forse l’unico, in Sardegna, che vi sa dire subito quanti immigrati ed emigrati ci sono, da dove provengono, con quale titolo di studio, quali sono i gruppi linguistici e religiosi, i dati statistici sono tanto essenziali quanto esaurienti. Qui si pensa all’orientamento, all’incontro fra domanda e offerta di lavoro, all’autoimpiego, ci si occupa delle fasce più deboli, si segue da vicino l’inserimento scolastico.

Responsabile è Lorena Cordeddu, sorridente quarantenne di San Basilio, laurea in Pedagogia, a lei fa capo il servizio emigrazione ed immigrazione di 28 Comuni. Una decina di impiegati, uffici pieni di luce. “È un team messo in piedi per dare gambe alle linee-guida regionali sulle politiche per il lavoro e l’integrazione sociale. Al centro di tutto c’è uno sportello polifunzionale. Deve puntare ad attuare il piano tecnico gestionale del progetto sulle attività di mediazione culturale. Per noi è certo una sfida tanto difficile quanto entusiasmante. Ci proietta in una dimensione dinamica delle azioni tese all’integrazione reale degli immigrati, sia per l’accesso degli stranieri all’esercizio dei diritti fondamentali in Italia, sia per la trasformazione della nostra stessa società con l’incontro di culture diverse che si conoscono, si modificano e si integrano reciprocamente”.

E in futuro? “La decisione è già stata annunciata dall’assessore Ortu. Il lavoro centralizzato oggi a San Gavino lo dislocheremo nel territorio, al di là dell’area linguistica, creeremo insomma contatti con i singoli Comuni per metter su uno sportello itinerante semmai nelle Asl, nelle scuole, negli uffici, andremo noi dai cittadini”. Burocratese? Politichese? Certo che no. Perché basta stare qui una mattina e vedere sardi e non che si avvicinano agli sportelli per chiedere di tutto e di più, si può trattare di un ricovero o di un permesso di soggiorno, di una pratica per avviare un’attività commerciale o delle difficoltà di accesso a una scuola elementare o media di bambini di tradizione totalmente diversa dalla nostra. Bisogna essere pronti a dare risposte a chi parla solo l’arabo o solo il francese, il rumeno o lo slavo.

Mouharrir Mohamed è il marocchino che sta aiutando Mahjouba ad aprire la macelleria per gli islamici. Ha 34 anni, la moglie - Imane - abita a Firenze, lui è laureato in Lingua e letteratura francese a Casablanca. “Mi occupo dei rapporti con gli immigrati arabi, in questo territorio rappresentano il 14,9 per cento degli stranieri, sono in tutto 87, di cui 58 maschi e 29 donne, rappresentano il terzo gruppo linguistico dopo i rumeni e i cinesi. Arrivano per chiedere anche le più banali informazioni ma soprattutto in cerca di un lavoro, qualunque sia, sono disposti a fare i pastori o i camerieri e soprattutto sono disposti a imparare”.E i rapporti con i cinesi? Se ne occupa una ragazza del Parteolla, Carla Frigau, 28 anni. Si è laureata in Lingue e civiltà orientali a Napoli, conosce le sponde del

Pacifico, ha vissuto un anno e mezzo a Pechino, ovviamente parla correttamente il cinese, per la sua formazione ha utilizzato i fondi regionali per il Master and Back. Ed eccola dietro lo sportello aperto dalla Provincia del Medio Campidano. Un lavoro difficile e delicato il suo anche perché i cinesi - in tutto il mondo, Italia e Sardegna comprese - sono comunità a sé, certamente meno aperte delle altre. Questa comunità dell’Estremo Oriente tende a far tutto in solitudine, in casa, oppure ci si avvale della mediazione di un rappresentante ufficiale conosciuto come Zhan.

Ma talvolta è necessario l’intervento di Carla, per aprire un negozio, per il rinnovo di un permesso di soggiorno, per informazioni più generali. “In questo territorio - spiega Carla Frigau - i cinesi sono 101, di cui 51 maschi e cinquanta donne, per una percentuale del 17,29 e sono attivi in diversi centri. Il nucleo più forte è a Sanluri, con ventuno maschi e quindici donne, seguiti da Guspini (5-8), San Gavino Monreale (10-10) e Serramanna (4-7). A Sanluri in particolare gli immigrati sono attratti dalla centralità geografica e socio-economica del capoluogo della nuova Provincia”.

A saper tutto sugli immigrati del territorio è un altro funzionario della Provincia, Gianfranco Porcu, 52 anni, di Pabillonis: “Complessivamente gli stranieri residenti erano 584 al 31 dicembre dello scorso anno rispetto ai 472 di un anno prima”. Al primo posto c’è la Romania con 103 presenze, al secondo posto i cinesi con 101, terzo posto per il Marocco con 77 presenze, quarti i senegalesi con 34, ventuno i polacchi. Con una sola presenza Canada, Georgia, Armenia, Israele, Congo, Ghana, Slovenia, Svezia, Portogallo, Irlanda, Grecia, Belgio. Due da Cile, Tanzania, Etiopia, Turchia, Bielorussia, Moldova, Bosnia-Erzegovina.

In questo piccolo mondo globale del Medio Campidano lavora anche una psicologa che arriva da quell’America centrale che si affaccia sul golfo dell’Honduras, Mirna Prado, 56 anni, nata a San Marcos, pieno Guatemala, madrelingua spagnola, in Sardegna da dodici anni. Casa in affitto nel quartiere di Stampace a Cagliari, madre di due figli (Paula, laurea in Informatica ed amministrazione alberghiera in Guatemala, Paulo, iscritto a Cagliari in Scienze politiche) ha inizialmente fatto di tutto, colf, badante, assistente di ammalati gravi, insegnante di cucina multietnica. È stata educatrice in una comunità dove venivano accolte le donne sottratte alla schiavitù della strada. Nella città capoluogo dell’isola ha diretto un’indagine sulla condizione delle donne migranti: “Si sanno adattare molto più degli uomini a qualunque situazione. Le donne hanno generalmente, quasi per oltre il 75 per cento, titoli elevati di studio. Spesso parlano almeno due lingue correttamente. Ci sono molte rumene, ucraine, polacche, sudamericane, anche orientali con laurea, e sono medico, biologhe, ingegnere, architetto, molte sono specializzate in Informatica e lavorano anche in studi professionali. Quella femminile in Sardegna è un’immigrazione davvero di qualità”.

Dal 2001 Mirna frequenta il corso per Mediatori culturali e poi quello di “Mediatori di pace” organizzati dalla Regione (tra le insegnanti la sociologa Aide Esu, allieva di Alain Touraine). Tra Cagliari e Oristano Mirna aiuta da anni i suoi connazionali a “inserirsi senza traumi in una Sardegna che resta una eccezionale terra di accoglienza”. E adesso? La psicologa giunta dai Caraibi sta per fare il grande salto per concludere il corso preferito di “Mediatrice di pace”. Proprio stamani, con un gruppo di altri cinque sardi, parte per Israele e per la Palestina dove cercherà da capire i traumi di quella terra, di quei conflitti permanenti, di quelle stragi. “Come tutti coloro che ci hanno preceduto in questo sforzo, non avremo vita facile perché fra le due comunità è veramente arduo creare il dialogo. Ma sarà comunque un’esperienza esaltante, per capire le ragioni di un odio che deve essere sradicato dal territorio più tormentato del mondo. E sono orgogliosa che questo tentativo sia possibile per una iniziativa umanitaria della Regione sarda”.

E al rientro? “Tornerò al lavoro usato, a fare la mediatrice culturale, a sforzarmi di far capire ai sardi, agli italiani e ai migranti che siamo tutti uguali, che le barriere razziali o religiose non hanno senso”. Anche con l’aiuto di Barack Obama? “E perché no? Tutto giova, tout se tient. Perché non credere che, anche dalla Sardegna, si può davvero costruire - come poetava Rafael Alberti - el hombre nuevo del mundo?”. Cantando? “E perché no? Cantando”.