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Sardegna

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Vivere la campagna

Rio Irvi ucciso dai metalli

Piscinas

giovedì 26 aprile 2012 - L'UNIONE SARDA

ARBUS. Dal pozzo escono 50 litri al secondo e ne vengono depurati solo 15
Sprecati due milioni per le bonifiche: è inquinato

Depuratore milionario, piccolo e inadeguato, e i metalli pesanti finiscono sulla spiaggia di Piscinas. Lo stato delle acque del rio Irvi, che scorre in località Casargiu, tra le miniere di Montevecchio e Ingurtosu, è preoccupante. Nonostante siano stati spesi quasi 2 milioni di euro, il ruscello inquinato continua a mobilitare Regione, Provincia e Comune. Ciascuno per la sua parte, dopo una storia lunga 13 anni, non riesce però a dare soluzioni.
LA SITUAZIONE I risultati sono sotto gli occhi di tutti: dal pozzo Fais sino al mare della Costa Verde un corso d'acqua torbida sopra un letto di fango rosso acceso. «L'impianto di depurazione», spiega l'assessore provinciale all'Ambiente, Giuseppe de Fanti, «ha una capacità ridotta rispetto alle necessità. Infatti, mentre dal pozzo fuoriescono 50 litri di acqua al secondo, ne vengono depurati appena quindici. Non solo: seminando intorno fango e residui vari, peggiora il danno all'ambiente». Ricorda che l'opera fu realizzata dalla vecchia Provincia di Cagliari e che solo nel 2007 l'incarico passò alla neonata Provincia del Campidano. «Per evitare che un finanziamento di 980 mila euro», prosegue l'esponente dell'esecutivo, «servisse per un'opera morta, chiesi alla Regione un incontro. Feci presente che occorrevano altri soldi. L'istanza fu accolta con un ulteriore finanziamento di un milione di euro. I nostri uffici tecnici, a costo zero, si fecero carico della direzione dei lavori che, una volta conclusi, furono ceduti all'Igea. Il resto è storia recente: il fango e l'inquinamento sono lì a deturpare il sito».
IL SINDACO Il primo cittadino di Arbus, Franco Atzori, spiega: «Quando c'è di mezzo la salute, come in questo caso non possiamo restare a guardare. Da tempo sollecito un intervento risolutivo al presidente Cappellacci, all'assessorato provinciale e regionale all'Ambiente e alla Sanità. Di promesse tante. Di fatti concreti pochi». È di qualche giorno fa l'ennesimo sollecito agli enti responsabili. Documenti, lettere, delibere e fotografie che, ripercorrendo il travagliato iter, evidenziano la pericolosità del fiume. Ad iniziare dal 1998, quando il Comune intimò alla proprietaria dei beni, la Società Italiana Miniera, la messa in sicurezza e la bonifica dell'area. Per tutta risposta la società, contro l'ordinanza, presentò ricorso al Tribunale delle acque di Roma. Ricorso respinto. «In seguito, col passaggio dei beni all'Igea», conclude il primo cittadino, «furono confermati gli impegni di salvaguardia ambientale e di valorizzazione dei luoghi. Ma l'indifferenza verso le questioni che attengono la sfera della salute, regna sovrana». E così il monito più che reale "acque inquinate", segnalato da qualche cartello, suona tanto di beffa.
Santina Ravì