Logo della Provincia del Medio Campidano

Sardegna

Salta la barra di navigazione e vai ai contenuti

Vivere la campagna

Alla scuola dei carradoris di Arbus

carradoris di Arbus

venerdì 11 febbraio 2011 - L'UNIONE SARDA


Allevano i buoi, conducono i carri: tra gli allievi donne e ragazzi

ARBUS Aià. E si muovono. Bo. È il segnale di stop. Torra a co' : si torna indietro.
Sono imponenti da far paura, se visti da vicino. Buoi da 12-13 quintali, i più grossi toccano i 14-15. Millecinquecento chilogrammi di carne e muscoli. Eppure mansueti. E ubbidienti. Se ben educati. Anzi, prima ancora domati, proprio come i cavalli. Un buon allevatore in una settimana riesce a renderli docili,e in due-tre mesi a trasformarli in efficienti motori dei carri, pronti a sostenere interminabili fatiche, incuranti di tutto. Aià . Trainano i carri, i santi e i turisti, per ore e per chilometri. Se il conducente ci sa fare, non sbagliano un passo: macinano anche lunghe distanze su strade asfaltate e sterrate secondo un ritmo antico. Il ritmo della lentezza, di un tempo andato, quando in campagna non c'erano né trattori, né ruspe, né fuoristrada. I comandi sempre uguali tramandati da generazioni: brevi, semplici, efficaci.
GRANDI LAVORATORI Questi infaticabili e possenti lavoratori delle campagne sono i buoi di razza sardo-modicana, capaci di una forza tale da farli diventare i più ricercati nei lavori agricoli, prima che tra vigne e campi di grano arrivassero i mezzi meccanici. Oggi grazie alle loro spalle robuste portano in giro le traccas delle processioni (una coppia di monumentali buoi rossi si incarica di trainare il cocchio di Sant'Efisio nella grande festa del primo maggio cagliaritano). Anche gli allevatori fanno parte di una razza altrettanto speciale: sono i custodi di saperi e mestieri antichi, rimasti vivi grazie alla loro passione e tenacia. In particolare ad Arbus, terra di miniere abbandonate e di paesaggi straordinari. Si chiamano carradoris , conduttori di carri trainati da buoi. Ma anche costruttori del giogo in legno, dei ferri per gli zoccoli, delle ruote. Hanno raccolto l'eredità e i segreti dei vecchi maestri come Antonio Usai, Battista Caddeo, Dino Atzeni, Antonio Vacca, e messo al riparo attività che rischiavano di scomparire. E ora sono pronti a farle conoscere ai più giovani.
UNA SCUOLA UNICA Sono cinque, tradizionalisti per passione e per amore del loro paese, cresciuto per secoli a pane, miniere e allevamento. Si sono ritrovati e hanno costituito l'Associazione Carradoris di Sant'Antonio (www.iscarradorisarbus.com). Quasi una scuola, unico caso nell'Isola. Tra gli allievi c'è anche un gruppo di donne: evidentemente condurre i buoi, in tempi di collegamenti superveloci, non è più solo una faccenda da uomini. «Ci dispiaceva veder morire la tradizione dei carradoris, radicata ad Arbus fin dall'antichità. E così ci siamo dati da fare, riportando in vita, grazie ai maestri, l'uso del carro agricolo nelle sagre e nelle processioni religiose, proponendolo anche come mezzo di trasporto nei tour per i turisti - dice Doriano Floris, il presidente dell'associazione - Siamo soddisfatti, abbiamo rapporti con le scuole, i giovani sono molto interessati».
LUNGHI PERCORSI Guardia penitenziaria in pensione, Floris dedica tutte le energie ai carradoris. A Cagojas, sulla strada per Ingurtosu, dopo il bivio di Sa Perda marcada, c'è il quartier generale. Casa (ricca di cimeli della vita contadina), fattoria, laboratorio, tutto intorno la campagna con vigne e oliveti, dove i buoi - e i loro allevatori - si allenano e faticano. Bisogna fare fiato e gambe per affrontare quelle lunghe passeggiate-processioni con il santo in groppa e centinaia di fedeli al seguito. La più caratteristica è quella dedicata a Sant'Antonio, a giugno, molto sentita in tutto l'Arburese: 38 chilometri dal paese alla frazione di Sant'Antonio di Santadi, nei pressi di capo Frasca. Si parte, sulle traccas, alle sette del mattino e si arriva a mezzanotte. O come il tour di archeologia mineraria tra Piscinas e Ingurtosu (tre ore, ogni carro trasporta otto-dieci turisti) o la riscoperta del vecchio sentiero dei minatori e dei pastori fino a pozzo Amsicora.
SETTE GIOGHI Sette gioghi di buoi, una decina di carri. I carradoris di Arbus si sono fatti conoscere. Li chiamano da Fluminimaggiore, Pabillonis, Guspini, Terralba, Baradili, Villacidro. Ognuno dei soci ha un compito preciso (oltre il presidente, la squadra è composta da Raimondo Caddeo, Franco Ventaglio, Pino Melis, Marco Steri): costruire i gioghi in legno, preparare i ferri e sa florinca (gli addobbi di erba e fiori), ferrare gli animali, realizzare le funi - is odriagus - intrecciando il crine della coda dei buoi, indispensabili per guidare i giganti dal pelo rosso e dargli la giusta direzione nel cammino. Hanno organizzato i laboratori per le scuole. Mostrano ai ragazzi s'accollu , il macchinario utilizzato per tenere fermo l'animale durante la ferratura. Hanno inventato un marchio (al centro del logo c'è ovviamente il bue rosso), preparano l'olio extravergine e un delicato vino frizzante a base di uve sangiovese e barbera, battezzato Su binu de su carradori, spumantino sardo-modicano . Il calendario 2011 con le foto delle sfilate l'hanno spedito al Quirinale. Il presidente Napolitano ha ringraziato con una lettera, invitandoli a proseguire nell'attività di «conservazione delle tradizioni popolari». «Ci ha fatto molto piacere la risposta del Capo dello Stato - racconta emozionato Floris - siamo orgogliosi della nostra iniziativa».
DONNE ALLIEVE I carradoris fanno proseliti. Sei giovani donne sono le promettenti allieve degli esperti conduttori dei carri. Dice Giusi Vargiu, due figli, componente del gruppo folk Città di Arbus: «Balli tradizionali e carradoris vanno d'accordo. È stato Doriano a spingerci a collaborare, ci ha trasmesso la sua grande passione. Impariamo a condurre i carri, per ora stiamo a fianco dei buoi per guidarli. Non ci avrei mai creduto ma sono animali affettuosi».
TEMONO I FUOCHI Tra le vecchie miniere rivive la tradizione delle traccas. Docili, mansueti, eppure anche i pacifici buoi rossi hanno i loro punti deboli. Si innervosiscono soprattutto per i fuochi d'artificio. Ormai sono abituati alle auto e alla ressa. Passo lento ma deciso, raramente sbagliano strada, hanno una buona memoria. E come un prudente automobilista, seguono con diligenza le strisce bianche sulla carreggiata. Aià . E uomini, bestie e santi si mettono in marcia.
caravano@unionesarda.it
DAL NOSTRO INVIATO
LELLO CARAVANO