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Sardegna

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Vivere la campagna

Quaderni natura “Rocce - miniere - minerali”

copertina
dicembre 2008 -

 

Appunti sul Medio Campidano

“Sono fortunati coloro che hanno imparato a vedere, fra le cose selvagge della natura, qualcosa da amare, qualcosa di cui meravigliarsi…”(Hugh B. Cott, 1940)

La crescente consapevolezza dell’importanza della conservazione della natura ha generato nuove curiosità, in particolar modo in età scolare. Dall’esigenza di fornire nuovi strumenti e informazioni aggiornate e accessibili nasce il progetto “Appunti sul territorio”. Infatti, le azioni di sensibilizzazione ed educazione ambientale sono finalità primarie nelle strategie, a differenti scale, di conservazione della natura.
Il progetto “Appunti sul territorio” della Provincia del Medio Campidano si prefigge di contribuire alla conoscenza degli habitat più importanti utilizzando le specie carismatiche per far comprendere l’importanza della conservazione della Biodiversità.

L’Assessore all’Ambiente
della Provincia del Medio Campidano

Giuseppe De Fanti

Questa pubblicazione rientra quale supporto didattico all’interno dei programmi di Educazione Ambientale del Nodo Provinciale IN.F.E.A. del Medio Campidano.


La geologia
È possibile schematicamente suddividere il territorio del Medio Campidano in tre distretti geologici che corrispondono con buona approssimazione a tre distinti periodi di formazione delle rocce.
Il distretto occidentale è caratterizzato dalle formazioni geologiche più antiche, risalenti al periodo paleozoico (tra 500 e 350 milioni d’anni fa), con rari e limitati affioramenti del terziario e del quaternario.
Il distretto centrale è caratterizzato dalle formazioni più giovani e in particolare dai conglomerati della Formazione di Samassi risalenti al Pliocene-Pleistocene, dalle arenarie eoliche, soprattutto a ridosso dei rilievi occidentali, e dai più recenti depositi alluvionali della pianura centrale, tra Pabillonis a nord e Serramanna a sud (risalenti agli ultimi 10.000 anni). Il distretto orientale è invece caratterizzato dalle strutture sedimentarie della Marmilla e dalle andesiti vulcaniche tra Furtei e Serrenti. Si tratta di formazioni
risalenti mediamente al Miocene (tra 23,5 e 5,3 milioni d’anni fa). Solo nei pressi di Sardara affiorano rocce metamorfiche risalenti al periodo Ordoviciano (intorno a 450milioni d’anni fa). Le manifestazioni vulcaniche più recenti si manifestano sulla sommità delle cosiddette giare, in particolare alla Giara di Gesturi e alla Giara di Siddi. Risalgono al Pliocene-Pleistocene (attorno a 2 milioni d’anni fa), come la copertura basaltica della parte terminale di Capo Frasca.
La carta geologica del Medio Campidano mostra un intricato mosaico nel quale, con poche eccezioni, le formazioni più antiche occupano il versante occidentale, al centro si trovano depositi recenti e ad est si concentrano rocce risalenti al terziario.


Rocce sedimentarie
Le rocce sedimentarie sono formate dall'accumulo di sedimenti di varia origine. Sono dette clastiche quando
esse derivano dalla frammentazione di rocce preesistenti, trasportate e trasformate fino alla loro deposizione: le più comuni sono i conglomerati e le arenarie.
Sono dette chimiche quando derivano dalla precipitazione di composti o di sali provenienti da acque marine o dall’alterazione di altre rocce: le più comuni sono gesso, salgemma e alcuni calcari e dolomie. Sono dette organogene quando esse sono il risultato della cementazione di resti organici, in particolare nicchi e gusci calcarei o silicei: vi appartengono vari tipi di calcare.
Le rocce sedimentarie tendono ad essere disposte per strati, spesso facilmente individuabili e, in assenza di rivolgimenti tettonici, gli strati più antichi sono sottoposti a quelli più recenti.

Rocce metamorfiche
Le rocce metamorfiche sono rocce modificate nella composizione mineralogica o nella struttura e nella tessitura, come conseguenza di particolari condizioni di pressione e temperatura.
Le rocce che subiscono il metamorfismo possono essere sedimentarie,magmatiche o metamorfiche. Nel processo di trasformazione gli atomi dei minerali si dispongono in modo diverso rispetto a quello originario e formano nuovi reticoli cristallini.
Rocce metamorfiche sono gli scisti, caratterizzati da un’accentuata laminazione: spesso, gli scisti che derivano da rocce sedimentarie contengono fossili. Altre rocce metamorfiche sono leanfiboliti e i marmi.
Nel Medio Campidano le rocce metamorfiche più diffuse sono arenarie e quarziti metamorfosate, risalenti a
circa 500 milioni d’anni fa. Sul Monte Linas sono affiancate da scisti neri e da altre meno antiche.

Rocce magmatiche
Le rocce magmatiche sono dette anche eruttive, ignee o vulcaniche. Si formano in seguito alla solidificazione di magmi, cioè di masse fuse,a base di silicio, contenenti ossidi di diversi minerali e altre sostanze soggette ad evaporazione come acqua, anidride carbonica, idrogeno e metano. Costituiscono quasi il 95% della crosta terrestre. Il fondo degli oceani è interamente formato da rocce magmatiche.
Sulla superficie della Terra esse sono in larga parte ricoperte dalle rocce sedimentarie e metamorfiche. Le rocce magmatiche effusive più diffuse sono i basalti che assumono forme spesso regolari, in relazione alla velocità di raffreddamento del magma. Quando il magma raffredda molto velocemente si formano i cosiddetti vetri vulcanici: il più noto è l’ossidiana. Tipiche rocce intrusive sono i graniti: il granito della Sardegna appartiene al ciclo dell’orogenesi ercinica risalente alla fine del periodo paleozoico (attorno a 290 milioni d’anni fa).
Le rocce magmatiche possono essere effusive, quando vengono emesse durante eventi eruttivi, oppure intrusive quando solidificano nel sottosuolo.
Le rocce metamorfiche sono di origine diversa, trasformate dall’azione del calore e della pressione nel sottosuolo.


L’attività mineraria
L’attività estrattiva nel Medio Campidano ha interessato i comuni di Arbus, Guspini, Villacidro, Gonnosfanadiga, Pabillonis, San Gavino Monreale e Sardara. Solo in tempi molto recenti è stata avviata nel
comune di Furtei.I due compendi principali erano quelli di Montevecchio e di Ingurtosu, nel territorio comunale di Guspini e Arbus. L’attività estrattiva a Montevecchio è cessata nel 1991, con la definitiva chiusura del Pozzo Amsicora dopo un’occupazione durata 27 giorni. Attualmente nel piccolo centro abitato
di Gennas Serapis, dove sono collocate le vecchie strutture della direzione della miniera, vivono circa 300 persone. Tutto il distretto fa parte del Parco Geominerario Storico e Ambientale della Sardegna, definito dall’UNESCO “Patrimonio dell’Umanità”. Il complesso della Miniera comprendeva anche la Miniera Salaponi a Gonnosfanadiga. Le attività minerarie erano impostate su un filone di blenda e galena, minerali dai quali venivano estratti lo zinco e il piombo, rispettivamente. Il periodo di massima produttività dell’attività estrattiva fu a cavallo della Seconda Guerra Mondiale, quando Montevecchio fu il maggior produttore nazionale di zinco e piombo
Il filone quarzoso contenente principalmente blenda e galena si sviluppa da Montevecchio in direzione sud
ovest per oltre 10 km. Su di esso era insediata anche la Miniera di Ingurtosu che venne chiusa definitivamente nel 1968. Anch’essa fa parte del Parco Geominerario Storico e Ambientale della Sardegna.
Le strutture della miniera si sviluppano lungo la valle che porta al mare: a Naracauli era insediata la laveria
Brassey, della quale oggi restano i ruderi che fanno però intendere l’insospettata cura architettonica che la contraddistingueva.
Lo sbocco finale della lavorazione era sul litorale di Piscinas, dove i materiali arrivavano tramite una piccola
ferrovia risalente al 1871, per poi essere imbarcati direttamente sulle navi da trasporto.
Sulla spiaggia di Piscinas erano insediati i magazzini che oggi, ristrutturati, ospitano un hotel.
Il periodo di massima espansione dell’attività produttiva di Ingurtosu è collocato all’inizio del Novecento.
Dal compendio di Ingurtosu dipendevano anche le vicine miniere di Gennamari, Tintillonis e Crabulassu.
La principale ragione che attrasse verso la Sardegna sud-occidentale i commerci dell’antichità stava proprio nella ricchezza di minerali in particolare di piombo, zinco e secondariamente argento e rame. Nell’area del Guspinese e dell’Arburese sono state raccolte testimonianze materiali di attività estrattiva a partire dall’epoca romana. Da allora sembra non vi sia mai stata soluzione di continuità nello sfruttamento
dei filoni. La prima testimonianza documentata risale al 1628 e riporta una concessione rilasciata al tempo
della dominazione spagnola. Lo sfruttamento del complesso Montevecchio, Gennamari e Ingurtsou è testimoniato durante tutto il XVIII secolo, ma solo a metà del XIX iniziò l’attività estrattiva con modalità industriali.Nel 1848 infatti la Società per la Coltivazione della Miniera di Piombo e Argentifero detta di Montevecchio ottenne la concessione per lo sfruttamento della zona.

Le miniere
A metà dell’Ottocento le miniere occupavano anche manodopera femminile e bambini, che venivano assegnati alle attività di cernita del materiale. All’inizio del Novecento gli occupati nella miniera di Montevecchio erano circa 2500. La crisi che portò alla cessazione delle attività in tutta l’area iniziò
intorno al 1965. Attualmente le strutture minerarie sono sottoposte a diverse attività di restauro finanziate in parte dai Comuni e in parte dal Parco Geominerario Storico e Ambientale della Sardegna. Si tratta del primo Parco di questo tipo al mondo, emblema di una rete mondiale di Geositi/Geoparchi istituita nel corso della Conferenza Generale dell’UNESCO nel 1997.
La dichiarazione ufficiale di riconoscimento è stata formalizzata a Cagliari, il 30 settembre 1998, con la sottoscrizione della “Carta di Cagliari” che sancisce i principi fondamentali per la salvaguardia del patrimonio tecnicoscientifico, storico-culturale e paesaggistico-ambientale connesso alle vicende umane che hanno interessato lerisorse geologiche e minerarie della Sardegna.

I minerali
Calamina azzurra:
La calamina è nome minerario dell’emimorfite e di altri silicati di zinco. Si ritrova nei filoni quarzosi dell’Arburese. Può assumere colorazioni molto diverse.
Calamina gialla:
La calamina si trova nelle zone di alterazione dei filoni di zinco e piombo e in genere ha aspetto crostoso o mammellonare.
Calamina su calcite:
È un processo che viene chiamato pseudomorfosi. Il minerale, in questo caso la calcite, mantiene la forma, ma ha mutato la sua struttura cristallina interna.
Molibdenite:
È un solfuro di molibdeno: si rinviene spesso nelle superfici di contatto tra il granito e le rocce metamorfiche nel comprensorio dell’Arburese.
Cassiterite:
È un minerale costituito da biossido di stagno: è l’unico minerale che rende economicamente importante l’estrazione dello stagno.
Galena argentifera:
La galena,minerale di piombo contenente anche argento, fu nell’antichità e per alcuni millenni il principale oggetto dell’attività mineraria in Sardegna.
Smithsonite:
La smithsonite è un carbonato di zinco che si rinviene in croste, stalattiti o mammelloni. Può anche formare cristalli di grande bellezza.

I minerali delle miniere del Guspinese e dell’Arburese contenevano principalmente galena e blenda dalle quali venivano estratti piombo e zinco.
I minerali che venivano estratti dalle miniere del Guspinese e dell’Arburese, molto raramente si presentavano come elementi nativi. Essi erano all’interno di un ampio filone quarzoso di potenza variabile tra 25 e 30 metri, ricco di vene metallifere. I minerali non erano distribuiti in modo uniforme, ma a volte erano concentrati in piccole aree, mentre altre parti del filone erano completamente sterili.
Il materiale estratto prende il nome di ganga: per ganga si intende l’insieme dei materiali oggetto dell’attività
estrattiva associati ai minerali utili, generati dallo stesso processo genetico.
La ganga delle miniere del Guspinese e dell’Arburese aveva struttura complessa: conteneva galena, blenda o sfalerite, vari tipi di pirite, carbonati di ferro e argille. La galena è un solfuro di piombo, spesso associato con l’argento: si associa anche con molti altri solfuri come la sfalerite, la pirite, la calcopirite.
La sfalerite è un solfuro di zinco e ferro e il suo sfruttamento industriale riguarda lo zinco: in ambito minerario è chiamata più comunemente blenda.
Da essa si ricavano come sottoprodotti anche cadmio, gallio e indio. Sfalerite deriva dal greco sfaleros, ingannatore, ad indicare la sua somiglianza con la galena che può trarre in inganno.
La galena è facilmente ossidabile e perciò favorisce la formazione di minerali secondari, alcuni dei quali sono soggetti a sfruttamento industriale, come la cerussite: si tratta di un carbonato di piombo.

I minerali
Barite:
La barite (solfato di bario) è un minerale di origine idrotermale. Comune nelle miniere dell’Arburese, ha rilevanza industriale. Si rinviene in filoni o all’interno di cavità carsiche, spesso associato con quarzo, calcite e fluorite,ma anche con la galena.
La barite forma cristalli che possono raggiungere dimensioni ragguardevoli, anche superiori a 5 cm.
Blenda:
Blenda è il nome utilizzato in campo minerario per la sfalerite. È un minerale industriale, di notevole importanza dal quale si ricava principalmente lo zinco.
Breccia a blenda e quarzo:
A volte l’associazione della blenda con il quarzo è all’interno di brecce. Dalla blenda si ricavano anche alcuni metalli rari come il cadmio, l'indio e il gallio.
Quarzo e blenda a coccarda:
La sfalerite o blenda della miniera di Montevecchio è ricca di cadmio.
Siderite:
La siderite è un carbonato di ferro, importante costituente della ganga dei filoni minerari dell’Arburese,
Cerussite:
La cerussite è un carbonato di piombo che può assumere aspetto molto diverso. Si presenta con masse vitree di aspetto ceroso, oppure con cristalli prismatici, o come nell’immagine con geminazioni stellari o a graticcio.
Blenda, galena e calcopirite:
La calcopirite è un solfuro di rame.La galena è un solfuro di piombo molto abbondante in tutta la zona e molto sfruttato sia per il piombo, sia per l’alto contenuto di argento.
Pirite:
La pirite, o solfuro di ferro, forma cristalli con lucentezza metallica. È molto comune in tutte le miniere dell’Arburese: la sua presenza favorisce l’ossidazione di molti altri minerali.

 

Osservare e rispettare
10 regole d’oro

  1. La biodiversità o diversità delle forme biologiche è patrimonio del pianeta e deve essere conservata in quanto tale.
  2. Il benessere umano e la qualità della vita sono obiettivi prioritari che non possono prescindere dal benessere dell’intero pianeta e dalla conservazione della biodiversità.
  3. La natura, della quale fa pienamente parte l’uomo, deve essere “tutelata” dalla sua azione, perché egli ha la capacità di danneggiare, alterare e distruggere l’ambiente, le sue risorse e i suoi equilibri, rendendolo più povero e inospitale per sé e per le altre specie di viventi.
  4. Rispetta l’ambiente, la gente che ci vive e i coltivi: non dimenticare che i sentieri spesso affiancano o attraversano proprietà private; ricordati di richiudere sempre i cancelli.
  5. Raccogli sempre i tuoi rifiuti, senza mai abbandonarli lungo il percorso, né tanto meno nasconderli o appendere sacchetti di plastica agli alberi.
  6. Evita rumori molesti e schiamazzi, soprattutto quando ti muovi in ambienti naturali dove la presenza dell’uomo è occasionale.
  7. Non accendere fuochi e segnala prontamente eventuali incendi.
  8. Evita di danneggiare le piante e non raccogliere mai la flora protetta; non raccogliere né danneggiare i funghi che non conosci e quelli velenosi.
  9. Se incontri animali selvatici, non molestarli e non dare loro cibo. Non soffermarti in prossimità di tane e nidi, non far volare gli uccelli in cova.
  10. Se incontri situazioni di degrado dell’ambiente o di minaccia a specie animali o vegetali, segnalale agli organismi competenti.