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Sardegna

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Vivere la campagna

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copertina Sardegna 2008
- 2008 - Hachette Rusconi

 

Villanovafranca. Riti sacri e borghi antichi. La zona del Medio Campidano è un museo aperto tutto l’anno.

Villanova. Nome comune di città. Tra la Sardegna e il resto d’Italia se ne contano a decine. Era il nome che spesso veniva scelto per i piccoli borghi nati in funzione della campagna e della vita rurale. Ma nel caso della cittadina del Medio Campidano il prefisso Villanova andava a completare l’aggettivo, franca, che ne garantiva l’esenzione fiscale in epoca aragonese. A testimoniarlo ci sono gli insediamenti di Baracca is Dragonis e la fortezza a pianta quadrata sul colle di Tuppedili, a 350 metri. Ma l’elenco è molto più lungo e comprende i siti di Trattasi, Sergai, Perdu Atzeni, Salamai, Paberi, Riu Stangiu, Ruinali sa figu, Pranu e molti altri. La loro bellezza, deducibile da poche rovine, è intatta e lascia interdetti sull’ingegnosità di architetti che vissero migliaia di anni fa. Precorrevano i tempi, ancora una volta di millenni. E se non bastassero le ardimentose costruzioni a dimostrarlo, si faccia un giro nelle sale del Museo civico archeologico Su Mulinu dove sono esposti reperti in vetro, ceramica, metallo che, sbeccature a parte, potrebbero sembrare gli utensili delle nostre moderne cucine. 

Ma la collezione di reperti ritrovati nella vicina (e omonima) fortezza nuragica è ben più ampia e include anche una riproduzione del grande altare ritrovato all’interno del nuraghe. Il percorso della mostra comprende anche una sezione per non vedenti con didascalie in braille e riproduzioni di reperti da toccare. Insomma, la grande ricchezza archeologica e culturale di Villanovafranca ruota intorno all’insediamento di Su Mulinu.
Certo nel borgo ci sono anche la cinquecentesca chiesa di San Sebastiano e il complesso religioso di San Lorenzo iniziato in epoca tardo-gotica e terminato a fine Settecento. E ci sono anche strategici belvedere da cui guardare la fortezza della Marmilla appollaiata su una tetta dell’opulenta Madre Terra. Tutto vero, tutto un po’ fuori dai soliti panorami e dall’immaginario (sapete che qui per la festa di Sant’Isidoro, la terza domenica di maggio, una fila di macchine agricole tutte agghindate con fiori e tappeti tradizionali segue a passo d’uomo la statua del patrono dei contadini?) 

Ma il vero vanto è Su Mulinu, una fortezza realizzata con grandi blocchi di arenaria nel II millennio a.C. e riportato alla luce con diverse campagne di scavo iniziate negli anni Ottanta.
La zona è delimitata da una cinta antemurale a raggiera che risale alla prima fase costruttiva; al suo interno e di epoca successiva, ci sono il bastione trilobato a tre torri e le cortine murarie rettilinee con aperture circolari.
Ma il ritrovamento più interessante di questo luogo è il grande altare dotato di vasca, utilizzato per riti sacri con sacrifici propiziatori.
Data la complessità del sito, si trattava di una vera e propria “città” d’altri tempi che al suo interno prevedeva anche la pratica religiosa.
Doveva essere piuttosto grande. E doveva essere ben organizzata considerando che fu a lungo abitata. Si fa presto a fare due conti: dalla seconda metà del II millennio avanti Cristo fino all’alto Medioevo, quindi più di 3.000 anni.
Qualunque sia il motivo che vi ha spinto fin qui, non mancate la visita a questo luogo che racconta molto, anche del passato dell’uomo.