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Sardegna

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Vivere la campagna

Quaderni natura "Il cervo sardo"

Quaderni natura n. 1
dicembre 2007 -

 

Appunti sul Medio Campidano

“Sono fortunati coloro che hanno imparato a vedere, fra le cose selvagge della natura, qualcosa da amare, qualcosa di cui meravigliarsi…”(Hugh B. Cott, 1940)

La crescente consapevolezza dell’importanza della conservazione della natura ha generato nuove curiosità, in particolar modo in età scolare. Dall’esigenza di fornire nuovi strumenti e informazioni aggiornate e accessibili nasce il progetto “Appunti sul territorio”. Infatti, le azioni di sensibilizzazione ed educazione ambientale sono finalità primarie nelle strategie, a differenti scale, di conservazione della natura.
Il progetto “Appunti sul territorio” della Provincia del Medio Campidano si prefigge di contribuire alla conoscenza degli habitat più importanti utilizzando le specie carismatiche per far comprendere l’importanza della conservazione della Biodiversità.

L’Assessore all’Ambiente
della Provincia del Medio Campidano

Giuseppe De Fanti

Questa pubblicazione rientra quale supporto didattico all’interno dei programmi di Educazione Ambientale del Nodo Provinciale IN.F.E.A. del Medio Campidano.

 

Inquadramento sistematico
Il cervo sardo appartiene alla grande famiglia dei cervidi che comprende, oltre ai cervi, anche specie imparentate quali alci, renne e caribù. I maschi di tutte le specie sono dotati di palchi di corna, presenti in qualche caso anche nelle femmine (renne e caribù). I palchi dei cervi sono prolungamenti ossei e vengono mutati ogni anno.
Il genere Cervus comprende nove specie diffuse in Europa, nell'America settentrionale, in gran parte del continente asiatico e, solo parzialmente, nel nord Africa.
Il cervo europeo (Cervus elaphus) è presente con 13 distinte sottospecie che occupano ciascuna areali precisi e ben delimitati.
Il cervo sardo è una delle sottospecie di minor taglia ed è presente in Sardegna e in Corsica.

Le origini
La tesi più accreditata sulle origini del cervo sardo, in base a recenti studi sul DNA della specie, è che sia arrivato dai paesi dell’est europeo almeno 3500 anni fa, al seguito di antichi colonizzatori
Dalle prime popolazioni importate ha avuto origine, in seguito a precisi adattamenti all'ambiente isolano, la sottospecie che ancora vive in Sardegna. La denominazione corsicanus, attribuita dal sistematico Erxleben nel 1777, parrebbe far intendere che la presenza del cervo sia stata accertata prima in Corsica, piuttosto che in Sardegna.
Questo, almeno in base ai dati conosciuti, non corrisponde a verità, in quanto le prime prove certe della sua
presenza nella vicina isola francese risalgono ad “appena” il VI secolo d.C.Copiose, e straordinariamente efficaci,sono invece le testimonianze sarde provenienti dall'età del bronzo. Gli artisti dei nuraghi, con mirabile bravura, hanno utilizzato l'effige del cervo, che certamente conoscevano alla perfezione, sia nell'araldica d'epoca (sono molto famose le navicelle in bronzo con protome cervina), sia in singoli bronzetti.

L’antica diffusione
Un’ulteriore conferma dell’ampia diffusione del cervo nell’isola la troviamo nella ricerca sui toponimi, fatta da Enea Beccu sulle carte IGM 1:25.000, attraverso la quale ha rintracciato 55 denominazioni che ne attestano la presenza storica
Oltre alle piccole sculture che ritraggono l'animale nelle diverse età, posture e atteggiamenti, sono particolarmente interessanti le raffigurazioni di scene di caccia, che attestano tra l'altro l'utilizzo del cane a scopo venatorio da parte dei nuragici.
In tempi più recenti, e almeno sino ai primi decenni dell'ottocento, il cervo è descritto dai naturalisti e viaggiatori d'epoca, come specie comune nei boschi di gran parte dell'isola, tanto che alcuni lo definiscono “solito selvaggiume”.
Il cervo era preda ambita e cacciata regolarmente sia per svago che per mestiere dai tanti che campavano la famiglia con le prede catturate. Sulla loro efficacia, c'è una testimonianza straordinaria riportata dal Casalis-Angius nel suo Dizionario Geografico della Sardegna (1855) che racconta di un cacciatore di Putifigari, abile quanto meticoloso, che annotò scrupolosamente il frutto di quasi sessant'anni di caccia: 3046 cinghiali, 2084 daini e ben 1843 cervi.

La storia recente
Nel diciannovesimo secolo alla eccessiva pressione venatoria ( che già intorno al 1840 aveva indotto le amministrazioni ad emanare provvedimenti restrittivi), si aggiunse il pesante disboscamento subito da gran parte dell'isola. Vaste estensione di foresta furono tagliate per la produzione delle traversine ferroviarie e del carbone, privando la fauna della protezione ambientale ed esponendola alla facile cattura. Il cervo fu decimato in gran parte dell'isola. La strage continuò anche dopo il divieto di caccia imposto nel 1939, tanto che alla fine degli anni Sessanta del secolo scorso risultava presente solo in tre precisi areali: nelle montagne dei Sette Fratelli, nel Sulcis-Iglesiente e in alcuni boschi dell'Arburese-Guspinese. Perciò il cervo sardo fu inserito nella Lista Rossa dell' Unione Internazionale Conservazione Natura, dove sono elencate le specie in pericolo di estinzione. Intanto dal 1970 la specie venne dichiarata estinta in Corsica.Questi due precisi campanelli di allarme ebbero comunque il merito di innescare, finalmente, tutta una serie di iniziative che, oltre ad arrestare il declino del cervo, ne favorirono anche un’insperata e importante ripresa. Ricordiamo l'inasprimento delle sanzioni, sino ad allora irrisorie, previste per l'abbattimento del cervo, ma soprattutto l'avvio di un preciso programma di interventi da parte dell'Ente Foreste della Sardegna. L’Ente Foreste della Sardegna, a partire dagli anni ’70 del secolo scorso, avviò piani di catture, l’allestimento dei primi recinti e la successiva immissione del cervo in aree gestite dall’ente. Un’attenzione particolare fu riservata alla reintroduzione del cervo in Corsica, avvenuta nel 1987 (l’attuale popolazione corsa è stimata in oltre 300 esemplari distribuiti allo stato naturale in tre diversi areali). Contemporaneamente, il WWF
programmò un’intensa campagna di sensibilizzazione e informazione, culminata con l'acquisizione della riserva privata di Monte Arcosu, poi divenuta Riserva Natura nel 1996, dove era presente un’importante popolazione di circa un centinaio di cervi. Nonostante questo fiorire di iniziative il bracconaggio continuò, e saltuariamente continua, ad infierire sul cervo; soprattutto con l'uso dei cappi in cavetto d’acciaio, silenziosi quanto micidiali strumenti di cattura, collocati in grandi quantità nei passaggi obbligati. Ma i risultati sono stati ugualmente eccezionali: dalle poche centinaia di cervi ancora presenti nel 1970 si è passati al confortante numero di circa 7200 esemplari, stimati nel censimento del 2007.

Il censimento
I censimenti annuali vengono svolti a cura dell’Ente Foreste Regionale, con la collaborazione del Dipartimento di Biologia dell’Università di Cagliari, e nell’areale di Montevecchio-Costa Verde dall’associazione Elafos.
Il censimento viene effettuato nelle aree occupate dai cervi adulti nel periodo di massima attività di bramito (generalmente metà settembre). Il metodo si basa sull'ascolto dei bramiti in ore, giornate e postazioni fisse. I bramiti vengono riportati su carta con l'indicazione della posizione,ora,intensità ed altro. La successiva elaborazione dei dati consente di stabilire il totale dei cervi bramenti, dal quale, tenendo conto di un rapporto medio di 1:4 (quattro femmine, giovani o esemplari vecchi) per ogni cervo bramente, si calcola con buona approssimazione il totale della popolazione presente.

Descrizione
Il cervo nobile ha un corpo elegante e ben modellato, caratterizzato dal tronco allungato, arti e collo slanciati e robusti, coda corta e mobile,testa triangolare con muso allungato e armonioso, orecchie appuntite larghe e lunghe,molto mobili. Gli occhi grandi e ovali, particolarmente vivaci, presentano un’evidente ghiandola preorbitale, chiamata correntemente lacrimatoio, che secerne un liquido oleoso di odore molto forte.
Le principali differenze tra il cervo sardo e quello europeo riguardano le dimensione e la configurazione del corpo, il colore del manto e i palchi. Il maschio adulto del cervo sardo misura mediamente poco più di un metro al garrese e può raggiungere un peso massimo di circa 130 kg;un consimile europeo può pesare anche 260-280 kg e avere un'altezza di 130-150 cm. Nelle femmine di cervo sardo l'altezza media è di 80 cm circa e il peso raramente supera gli 80 chilogrammi; la femmina del cervo europeo misura circa 120 cm per un peso medio anche di 120 kg .
Gli arti più corti e robusti, speciale adattamento all'ambiente di bosco e macchia mediterranea, conferiscono al cervo sardo un aspetto più tozzo rispetto a quello europeo. Il mantello,corto e setoloso,presenta una colorazione bruno rossastra nel periodo estivo, tendente al grigio scuro in quello invernale ed è vistosamente più scuro rispetto al cervo nobile. Ma la differenza più marcata è certamente quella dei palchi; nel cervo sardo non superano gli 80 centimetri con un massimo di 6 punte, terminanti a volte con un allargamento detto “forcella”, contro i formidabili palchi dell'europeo lunghi anche 120 cm e addobbati da vistose formazioni a “candelabro”o a“corona”,a seconda della disposizione a più piani o a circolo delle numerose punte.

I palchi
Durante i primi mesi di vita sulle ossa frontali di ogni giovane maschio cresce una sorta di bernoccolo permanente, che aumenterà di volume con l'età; è la base su cui si svilupperà il palco. I primi compariranno, in forma molto semplice, già intorno ai dieci mesi di età. Durante la crescita il palco si presenta ricoperto dal “velluto”, un tessuto vascolare ricco di nervi che, a crescita ultimata si secca,muore e inizia a staccarsi a brandelli; il cervo se ne libera completamente strofinando il palco contro arbusti o rami. Successivamente al distacco dei palchi,la ricrescita inizia dopo un paio di settimane: i nuovi hanno qualche punta in più o sono più robusti, sino a raggiungere il massimo dello sviluppo intorno ai 10/12 anni di età.

Dove vive e cosa mangia
Il cervo sardo predilige gli ambienti boschivi e di macchia mediterranea, inframezzati da frequenti brevi radure, sia naturali, come le garighe in prossimità di creste montuose e collinari, che create dall'uomo, quali slarghi di carbonai, sentieri di montagna o altro. Ove presenti, frequenta assiduamente le radure adibite a pascolo. Per la ricerca del cibo predilige le ore crepuscolari e notturne sino a quelle immediatamente successive all'alba. Nelle radure ai margini del bosco si nutre di piante erbacee, insieme alle foglie tenere del rovo, della smilace, dell'edera, della vitalba. Non disdegna i frutti del corbezzolo, del rovo e del mirto nonché le foglie nuove di leccio, sughera, lentisco, terebinto, fillirea, olivastro e altre piante della macchia mediterranea. In autunno e inverno si nutre abbondantemente di ghiande.

Il bramito
I maschi del cervo conducono prevalentemente una vita solitaria o riuniti in piccoli gruppi. L'isolamento dei maschi diviene ancora più marcato nel periodo in cui sono privi di palchi. Le femmine invece formano piccoli branchi familiari, che comprendono anche i giovani maschi dell'anno precedente.
Nel periodo nuziale (agosto, settembre e parzialmente ottobre) i maschi si avvicinano al territorio occupato dalle femmine e si confrontano tra di loro per la formazione degli harem. Scelgono un preciso punto da dove lanciare il loro poderoso bramito sia per attrarre le femmine, che per scoraggiare altri pretendenti.

La riproduzione
L'intensità e la forza della voce sono generalmente sufficienti per stabilire una gerarchia; altrimenti i cervi si scontrano con violente cornate sino a che il perdente non si allontana. Oltre che con il bramito, i cervi marcano il loro dominio scortecciando con i palchi arbusti e giovani alberi e lasciando segnali olfattivi con la secrezione della ghiandola preorbitale che strofinano sui tronchi. E' un periodo molto intenso; i cervi, impegnati in continue dimostrazioni di potenza, combattimenti e accoppiamenti, si nutrono poco e alla fine appaiono dimagriti e stremati.
Il territorio che si si estende da Montevecchio sino alla Costa Verde è stato sempre considerato uno dei siti storici più importanti per la presenza del cervo sardo. Già Francesco Cetti, naturalista storico di riferimento per lo stato della fauna sarda alla fine del 1700, ne parla nel suo “I quadrupedi della Sardegna” come uno degli ambienti dove il cervo era più abbondante. Il Casalis-Angius nel Dizionario Geografico lo cita, sempre in termini di abbondanza, per i comuni di Arbus, Gonnosfanadiga, Guspini, Iglesias e FluminiMajori. Anche in questo territorio però la specie ha conosciuto il solito drammatico destino, tanto che all’inizio degli anni Ottanta del secolo scorso si pensava che fosse sull’orlo di scomparire. Ma questa valutazione era fortemente sottostimata; infatti, nei mesi successivi al disastroso incendio del 1983, fu possibile osservare un numero di cervi di gran lunga superiore alle stime pascolare nelle aree devastate dal fuoco. Da allora, comunque, il cervo ha conosciuto un incremento costante che ha portato alla situazione attuale. Un nucleo di almeno 150 cervi sta intanto continuando a colonizzare il Monte Linas: provengono dagli esemplari che furono introdotti nel recinto di Montimannu nel 1987 e da dove sono “evasi” con successo. Un cenno particolare meritano i cervi che gravitano intorno alle dune di Piscinas. Le montagne di sabbia si insinuano dalla costa verso l'interno, dividendo in due il territorio dei cervi, che non esitano ad attraversarle nei loro spostamenti. Così può capitare all'osservatore paziente e fortunato, di vedere il magnifico animale avanzare allo scoperto sulla sabbia ambrata, in uno scenario straordinariamente suggestivo e davvero insolito.
La popolazione si è stabilizzata intorno a 1500 esemplari (censimento 2007), che probabilmente rappresentano la situazione ottimale per il territorio

Osservare e rispettare
10 regole d'oro

  1. La biodiversità o diversità delle forme biologiche è patrimonio del pianeta e deve essere conservata in quanto tale.
  2. Il benessere umano e la qualità della vita sono obiettivi prioritari che non possono prescindere dal benessere dell’intero pianeta e dalla conservazione della biodiversità.
  3. La natura, della quale fa pienamente parte l’uomo, deve essere “tutelata” dalla sua azione, perché egli ha la capacità di danneggiare, alterare e distruggere l’ambiente, le sue risorse e i suoi equilibri, rendendolo più povero e inospitale per sé e per le altre specie di viventi.
  4. Rispetta l’ambiente, la gente che ci vive e i coltivi: non dimenticare che i sentieri spesso affiancano o attraversano proprietà private; ricordati di richiudere sempre i cancelli.
  5. Raccogli sempre i tuoi rifiuti, senza mai abbandonarli lungo il percorso, né tanto meno nasconderli o appendere sacchetti di plastica agli alberi.
  6. Evita rumori molesti e schiamazzi, soprattutto quando ti muovi in ambienti naturali dove la presenza dell’uomo è occasionale.
  7. Non accendere fuochi e segnala prontamente eventuali incendi.
  8. Evita di danneggiare le piante e non raccogliere mai la flora protetta; non raccogliere né danneggiare i funghi che non conosci e quelli velenosi.
  9. Se incontri animali selvatici, non molestarli e non dare loro cibo. Non soffermarti in prossimità di tane e nidi, non far volare gli uccelli in cova.
  10. Se incontri situazioni di degrado dell’ambiente o di minaccia a specie animali o vegetali, segnalale agli organismi competenti.