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Sardegna

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Vivere la campagna

Cervi sardi da esportazione

esemplare di cervo sardo

Wednesday, February 10, 2010 - L'UNIONE SARDA

Crescita-record, da Montevecchio all'Ogliastra

Sono cresciuti di numero e per questo la Provincia, in collaborazione con l'Ispra e l'Ente foreste ha avviato un progetto di trasferimento per ripopolare altri areali della Sardegna un tempo abitati dal cervo.

GUSPINI Per scovarli, la notte nella boscaglia, hanno utilizzato speciali apparecchiature a infrarossi capaci di leggere la temperatura dei loro corpi. Erano 2.116, la scorsa primavera, i cervi che popolano il territorio di Montevecchio-Costa Verde.
Cinque, sei mesi dopo, quando gli esperti dell'Ispra (l'Istituto superiore per la protezione e ricerca ambientale impegnato da alcuni anni nel censimento del cervo sardo in collaborazione con la Provincia del Medio Campidano e l'Ente foreste) hanno ripetuto la conta, la popolazione era cresciuta, raggiungendo i 2.773 esemplari. Numeri che hanno confermato un trend di aumento rispetto all'anno prima, quando ad aprile gli animali censiti furono 1.782 e 1.907 a ottobre-novembre. Dati che per l'assessore provinciale all'Ambiente, Giuseppe De Fanti, smentiscono categoricamente le notizie di un raddoppio di animali.
«Siamo impegnati invece in un progetto di trasferimento di esemplari dalle nostre zone all'Ogliastra che prevede lo spostamento di trenta cervi. Ad oggi i cervi prelevati nel nostro areale sono stati sette», spiega De Fanti. «In particolare - conferma Lucio Mandas, veterinario dell'Ente foreste - stiamo ripopolando i boschi di Ulassai e proprio la scorsa settimana abbiamo fatto le ultime catture. Una giovane femmina, un'altra femmina adulta e un giovane maschio. Mentre sempre nel Parco dei Tacchi in Ogliastra e nel 2009 abbiamo trasferito ventidue animali catturati a Montarbo di Seui».
Una migrazione non certo spontanea ma resa necessaria intanto per cercare di tenere sotto controllo la popolazioni di ungulati in un territorio comunque circoscritto come quello ricadente sotto il controllo dell'Ente foreste regionale (l'areale di Crocorigas) e quello più esteso su cui è stato messo in campo il censimento.
«La situazione da un punto di vista ambientale è sotto controllo, e anche le richieste di risarcimento danni causati dai cervi alle colture hanno avuto un calo verticale», avverte Giuseppe De Fanti. Allevatori e agricoltori che hanno subito le incursioni degli ungulati sono stati completamente risarciti. Parola d'assessore. «Disponiamo di un finanziamento di ventottomila euro l'anno a cui aggiungiamo altri quindicimila euro dal nostro bilancio provinciale. Una cifra che tra l'altro non abbiamo neppure speso interamente proprio per il calo delle richieste di cui ho appena accennato. Per tentare di contenere gli spostamenti dei cervi verso i terreni coltivati o verso le zone dove gli allevatori custodiscono il mangime per i loro animali - spiega l'assessore all'Ambiente - abbiamo predisposto un sistema di cavi elettrici che producono leggere scosse quando vengono sfiorati spingendo gli animali a far marcia indietro. L'obiettivo è anche quello di spingere i branchi o parte di essi verso il Monte Linas. Come amministrazione abbiamo anche avviato un accordo con gli allevatori e gli agricoltori per la realizzazione dei cosiddetti prati pascolo a perdere che permettono agli animali di trovare cibo senza dover saccheggiare le colture». Appezzamenti che la Provincia affitta all'interno delle stesse aziende agricole.
Insomma, il popolo degli ungulati di Montevecchio-Costa Verde cresce. E anche se il numero di esemplari è ben lontano dalla saturazione del territorio, la Provincia del Medio Campidano, l'Ispra, l'Ente foreste e l'Elafos (l'associazione nata nel 1990 e per anni impegnati nel censimento e nella salvaguardia di questi selvatici) hanno pensato bene di esportare giovani esemplari e animali adulti verso altre zone della Sardegna in passato abitate dal cervo sardo. «Una cosa è certa: nessun abbattimento selettivo potrà essere messo in atto per tenere sotto controllo le popolazioni di Monte Vecchio-Costa Verde così come quelle del Sulcis, del Sarrabus, dei Sette Fratelli e degli altri areali dell'Isola. Allo stato attuale e nemmeno per i prossimi anni - ricorda l'assessore De Fanti - non è e non sarà possibile prevederne in quanto il cervo sardo è classificato come endangered , cioè a rischio di estinzione, nella lista rossa dell'Unione internazionale per la conservazione della natura, ma anche come specie particolarmente protetta sia da leggi nazionali che dalla legge regionale 23 del 1998. È evidente che tale percorso potrà essere attuato soltanto nei tempi medio lunghi in quanto richiede la revisione degli elenchi di convenzioni e direttive internazionali a seguito di specifiche richieste del governo italiano». Un'ipotesi che troverebbe comunque parecchi ostacoli sulla strada della possibile attuazione, a cominciare da quelli delle organizzazioni ambientaliste (Wwf in testa) che in questi anni si sono rimboccate le maniche per salvare dalla scomparsa il Cervus elaphus corsicanus dopo il crollo vertiginoso di venti, trent'anni fa, quando i branchi avevano raggiunto numeri irrisori.
Il salvataggio è stato un lavoro lungo e delicato. Iniziato a Monte Arcosu e proseguito proprio a Monte Vecchio e Costa Verde.
Eppure non sono poche le voci che chiedono con insistenza l'apertura della caccia, mettendo in campo la tesi di un numero elevatissimo di animali. Non sono pochi, tra i cacciatori, che ipotizzano numeri ben diversi da quelli ufficializzati dai censimenti. Diverse associazioni venatorie hanno più volte denunciato difficoltà nell'esercizio dell'attività proprio per la consistenza del numero di esemplari. I cani, invece di seguire gli altri selvatici (come i cinghiali durante le battute di caccia grossa), si metterebbero sulle tracce dei cervi vanificando le battute.
DAL NOSTRO INVIATO
ANDREA PIRAS