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Marmilla, dove crescono le launeddas

suonatori di launeddas

Freitag, 7. Januar 2011 - L'UNIONE SARDA

Marmilla, dove crescono le launeddas
Alla scoperta delle canne del suono ricercate dai maestri

TUILI Le launeddas crescono sulle pendici della Giara, all'ombra degli oliveti millenari che disegnano il paesaggio al confine con i campi di grano. Sono gialle, piene, canne che suonano, che frusciano al vento. La raccolta è appena cominciata. Da gennaio a marzo: è il periodo propizio, prima che maturino i germogli. Dopo una stagionatura di diversi mesi saranno pronte per comporre le melodie ancestrali della musica dei sardi. Si trasformeranno in quel prodigioso e magico strumento, probabilmente il più antico a fiato del Mediterraneo, capace di produrre note e accordi inconfondibili. Allieteranno feste e sagre, faranno ballare danzatori e gruppi folk, accompagneranno processioni e riti religiosi, matrimoni e funerali.
IN MARMILLA LE MIGLIORI Le migliori nascono qui, nella Marmilla dei nuraghi-fortezza costruiti tremila anni fa, a Tuili, Turri, Villamar, Barumini, Gesturi. Il destino è già scritto nel nome: cannisoni , canne del suono. Un segreto conosciuto dai maestri delle launeddas, anche quelli del Sarrabus e dell'Oristanese. Il grande Giuseppino Lara trapiantò le radici delle canne da Gesturi nella sua Villaputzu. Il risultato fu deludente: la sonorità non era la stessa. La vera canna del suono, quella che fa grande e unica la launedda, nasce qui, tra la giara dei cavallini e le colline-mammelle, nei campi già verdi grazie alla pioggia autunnale caduta abbondante. «È un mistero, forse l'aria del mare non fa bene alle canne, modifica la sonorità. I grandi suonatori del Sarrabus, maestri indiscussi delle launeddas, da Efisio Melis ai fratelli Lara, si rifornivano in Marmilla, hanno sempre utilizzato le nostre cannisoni », dice Franco Melis. Cinquantuno anni, Melis è uno dei più apprezzati costruttori e suonatori di launeddas. Nato e cresciuto a Tuili, a 16 anni si è trasferito a Villaputzu per apprendere i segreti da uno dei più grandi maestri del suono, Aurelio Porcu: per quasi due anni ha vissuto nella sua casa, imparando le melodie del tumbu (la canna più lunga), della mancosa e della mancosedda , i tre tubi delle launeddas che insieme formano su cunzertu .
CANNE SELEZIONATE A Bia 'e Ortali, a ridosso degli oliveti millenari, le canne crescono spontanee e sane, sono quasi pronte. In un altro terreno, a Rio Porcus, sotto la Giara, Melis ha seminato le pertiche sonore più preziose. Le ha raccolte vicino al ruscello che scende dall'altopiano delle sughere e trapiantate nel suo tancato a fianco degli olivi di 60-70 anni. Un esperimento riuscito, quasi una selezione per far crescere le launeddas perfette, quelle che garantiranno le giuste melodie. Qui l'artigiano-suonatore coltiva le sottili canne da cui ricaverà l'imboccatura con le ance, quella linguetta vibrante che custodisce il segreto dello strumento a fiato. «Ho fatto diversi esperimenti, ho girato tutta la Marmilla, sono arrivato alla conclusione che qui sono ottime».
I SEGRETI Ogni costruttore, ogni suonatore, ogni maestro ha i suoi segreti. E i riti da seguire per ottenere un buon risultato: «In genere le raccolgo quando hanno due anni, sono piene, polpose, ovviamente in inverno, quando la linfa non si è ancora formata. Mi piacciono quelle di collina, le trovo più metalliche e più resistenti. Questo per esempio - aggiunge Melis indicando il folto del canneto - è un bel basso, lo taglierò a metà gennaio, mi sembra ideale per una mancosa . Il momento migliore? Quando c'è la luna calante». Misteri di uno strumento a fiato che si perde nella notte dei tempi, vecchio di almeno tremila anni, a quell'era lontana risale la forgia del famoso bronzetto di Ittiri (esposto al Museo archeologico di Cagliari), che celebra il suonatore di launeddas. Misteri anche di un nome, svelati anni fa dal linguista Giulio Paulis. Il termine campidanese deriverebbe da ligulella , diminutivo della parola latina che indica l'ancia della tibia romana (strumento della stessa famiglia delle launeddas): ligula , cioè linguetta. «È importante ricordare che le launeddas sono sarde, di tutta la Sardegna, perché si suonavano dappertutto - aggiunge Melis - i grandi maestri vengono dal Sarrabus, le canne migliori crescono in Marmilla».
EMOZIONE NEL MONDO Franco Melis gira il mondo, come altri grandi suonatori, a portare la musica antica dei sardi. Si è esibito in Germania, Scozia, Francia suscitando l'emozione della melodia delle tre canne. Ha suonato a Sant'Anna Arresi con un maestro del jazz del calibro di Ornette Coleman, costruisce le canne del suono anche per le scuole di Orlando Maxia a Maracalagonis e di Stefano Pinna a Cabras. Con altri nove suonatori della Marmilla e della Trexenta ha formato il gruppo Sonos antigus, a Tuili ha la sua scuola privata, ha curato l'esposizione delle launeddas nel museo di Villa Asquer dedicato all'olio e agli strumenti musicali sardi (accoglie i visitatori raccontando la storia de su cannisoni e suonando le melodie più celebri, fiorassu, punto d'organo, mediana 'e pippia). Nella vecchia casa e fattoria padronale dovrebbe nascere la scuola civica musicale promossa dalla Provincia del Medio Campidano. «Costruire e suonare le launeddas è un lavoro che non cambierei per niente al mondo. Aurelio Porcu me l'ha insegnato, è giusto che anch'io tramandi i segreti».
UN'ARTE ANTICA Fabbricare, creare le launeddas è un'arte. Vanno selezionate, scelte una ad una, raccolte al momento opportuno. Quindi la realizzazione vera e propria: la pulizia all'interno eliminando i nodi, i fori alla giusta distanza per dare le tonalità alle canne, l'intaglio della delicata linguetta dell'imboccatura («è il motore»), l'accordatura, che si esegue aggiungendo cera vergine nei fori e nell'ancia. Segreti e prodigi di uno strumento semplice che gli uomini-orchestra fanno vivere e vibrare. Dietro ogni launedda c'è un lungo lavoro di sperimentazione che ha portato alla perfezione costruttiva. C'è la storia dei maestri suonatori, immortalati nelle registrazioni, nei filmati e nelle fotografie realizzati negli anni Cinquanta da un giovanissimo antropologo danese, Andrea Weis Bentzon, che, innamoratosi delle ancestrali melodie sarde, girò in lungo e in largo l'Isola dei suoni, diventando il primo studioso a occuparsi organicamente del mondo delle launeddas. Uno straordinario lavoro recuperato 30 anni fa a Copenaghen dal musicologo Dante Olianas e trasformato in un prezioso ed emozionante documentario di Fiorenzo Serra.
Franco Melis, insieme con gli altri suonatori, porta avanti una tradizione millenaria. Nel segno del più grande di tutti, quell'Efisio Melis di Villaputzu che a Tuili impiantò il primo mulino elettrico del dopoguerra: «Era uno scienziato delle launeddas. Tutti hanno cercato di imitarlo, ma è come imitare Maradona».
Tuili con il suo museo propone un itinerario delle melodie sarde, degli accordi e delle combinazioni creati dall'uomo nuragico utilizzando semplici canne. Ma il viaggio nella musica degli antenati dovrebbe cominciare dalle campagne della Marmilla, per scoprire dove crescono e maturano le migliori launeddas.
DAL NOSTRO INVIATO
Lello Caravano
caravano@unionesarda.it