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Sardegna

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Vivere la campagna

Il bambino e l'acqua sporca

Territorio del Medio Campidano

Mittwoch, 26. Juni 2013 - COMUNICATO STAMPA

Il referendum abrogativo delle province sarde, al posto dell’acqua sporca della mala politica, ha buttato via il ‘bambino’ di una politica pulita e vicina alla gente.
Risentimento e preoccupazione per non aver difeso adeguatamente l’ente Provincia nel periodo del referendum. Il riordino delle province avrà dei costi e dei tempi rilevantissimi a fronte di risparmi piuttosto incerti ed impercettibili
Riceviamo e pubblichiamo, integralmente, la seguente lettera inviata alla Provincia del Medio Campidano da un insegnante del comune di Villamar.
Una regola della politica, codificata dai tempi di Machiavelli che nel suo scritto ‘sul modo tenuto dal duca Valentino nel trattare le popolazioni di Val Di Chiana’ lo codifica e lo spiega nelle sue tecniche più bieche, è quella di far pagare agli altri le proprie colpe. Quando le cose vanno male urge gettare un capro espiatorio in pasto alla popolazione, e se quel capro non viene dai palazzi del potere ma da quelli vicino a casa propria, tanto meglio. La gente avrà la sensazione che le cose stanno cambiando, visto che ‘si è fatta pulizia’ proprio sotto casa. Potrebbe non essere un’idea del tutto peregrina: si comincia con il piccolo e poi si scava inesorabilmente la muraglia del potere fino a farla sgretolare. Ma il fatto è che in politica vige una seconda, alquanto strana, regola. La base, quella vicina alla gente, quella sulla quale è possibile attuare una rapida e precisa verifica dei poteri e delle azioni, è in genere, proprio grazie a questo controllo, abbastanza onesta. Potrà compiere delle scelte sbagliate, senza dubbio, ma sarà in grado di correggere la rotta poiché quotidianamente questa base vive a contatto con il proprio elettorato ed è direttamente coinvolta nel territorio che amministra. Più si sale e più questo vincolo si fa labile. Un sindaco è conosciuto da tutti i cittadini, un presidente di provincia – soprattutto se, come nel nostro caso, vive profondamente la vita e i problemi del territorio – quasi da tutti, ma già un consigliere regionale è staccato dalla gente. Ne ho conosciuta una, alcuni anni fa : una giovane compagna, impegnata, entusiasta, sempre in prima linea sia che si trattasse di dibattere sulle filiere agricole che di manifestare contro il nucleare. Poi è diventata consigliere regionale e ne sono stato felice perché mi sembrava la persona giusta per quel ruolo. Ma da quel momento le sue presenze sul territorio si sono diradate; a parlarle dei problemi di quella stazione dove i treni arrivavano in ritardo, o di quell’associazione che aveva bisogno d’un proiettore la vedevi svagata, distratta. Poiché lei è una di quelle rare persone di grande onestà etica, dopo un po’ si rese conto da sé di quanto le stava succedendo e lasciò il suo incarico per tornare ad essere il riferimento politico della sua gente. Ma sono in pochi a fare scelte simili.
Con questo non dico che gli amministratori locali sono tutti onesti e capaci e quelli degli enti Statali superiori corrotti e incapaci, ma la struttura burocratica – che nel nostro sistema politico è da lungo tempo autoreferenziale ed è in grado di influenzare e sabotare in maniera determinante la più avanzata delle politiche – impastoia anche i migliori nelle sabbie mobili di un normativismo ottuso, dove i bisogni per i quali un certo provvedimento era stato deliberato sono passati in secondo piano davanti alle ferree norme e ai tempi biblici degli uffici e delle amministrazioni. Persino la bella massima del ‘governo delle regole’ con cui la sinistra ha tentato di contenere i disinvolti abusi e favoritismi che caratterizzavano, un po’ in tutta Italia (ma con picchi che, a controllare, non erano nel sud e nelle isole, ma nel ricco Nord-Est), la gestione della cosa pubblica, è stata pervertita. Le norme, da garanzia, sono diventate gogne. Un giovane imprenditore romano, innamorato della Sardegna mi lodava, lo scorso anno, l’onestà dei sardi che mai gli avevano chiesto una ‘mazzetta’ o un trattamento di favore, ma era disperato dal bizantinismo delle normative regionali, applicate in modo del tutto staccato dalla realtà. Le battaglia del Presidente Tocco affinché queste lungaggini non rendessero del tutto inutili i finanziamenti del progetto ‘Vivere la Campagna’ che negli ultimi anni ha riscattato alla produttività agricola vasti territori prima incolti del Medio Campidano ebbe per slogan “ i tempi dei pagamenti debbono seguire i tempi dell’agricoltura”. Se il contadino non riceve l’aiuto al momento giusto sarà come se non lo avesse ricevuto affatto.
Quante assemblee locali con i pastori e gli agricoltori! Quanti articoli, quanti incontri con la popolazione, per far capire a tutti che la soluzione per uscire dalla crisi era proprio sotto i nostri piedi: un uso innovativo e creativo della terra, delle sue risorse, del suo patrimonio sia naturale, come la Giara, La Spendula, la Costa Verde, sia storico-artistico come Barumini, Villanovaforru, La valorizzazione delle biodiversità, i tesori dell’architettura romanica e della pittura su retablos sparsi nella provincia.
Ed ora, tutto è finito, sepolto sotto un mare di menzogne, di scoop falsi, opera di giornalisti livorosi e prezzolati, del finto sdegno di politici improvvisati ma ben foraggiati per mettere i bastoni fra le ruote. Ho ancora sotto gli occhi il primo articolo de IL GIORNALE, dove si diceva che la provincia avrebbe acquistato un cane da tartufo per 16.000 euro. Fu l’inizio di un ‘jeu de massacre’ che rimbalzò da un capo all’altro della Penisola senza che nessuno si preoccupasse di verificare se il cane ci fosse mai stato. Se avessi (ma non ce l’ho) la capacità d’uno Sciascia o d’un Camilleri da quella vicenda sfociata poi in un processo sul nulla si trarrebbe una bellissima ‘microstoria’ italica.
Ho l’impressione che alcuni esponenti del territorio abbiano cavalcato artatamente la piazza animata dai media nazionali, presentandola come la casa degli sprechi e della burocrazia a danno dei cittadini. Questa crociata ha sorpreso persino le forze politiche più radicate nel territorio che nel mezzo del referendum nulla hanno fatto per proteggere il nuovo ente dagli spregiudicati attacchi populistici. I detrattori non hanno mai avuto l’autorevolezza- né d’esperienza, né di moralità - per dire che la casta era rappresentata dagli amministratori dell’ente intermedio, tanto è vero che appena sono stati abbandonati dall’informazione faziosa sono scomparsi dalla scena lasciando solo macerie alle loro spalle e un territorio senza prospettiva di sviluppo autoctono.
Questa loro azione devastatrice e l’inerzia delle forze politiche la pagheremo per lungo tempo. Possibile che nessuno, oltre al presidente della provincia che non ha mai abbandonato la sua funzione attiva a sostegno dell’ente e del territorio, anche quando lo stato ha svuotato le sue casse, abbia detto che la l’attività dell’ente è regolamentata dalle stesse norme che disciplinano la funzione dei comuni e che i costi non hanno nulla a che vedere con i costi della casta e delle alte burocrazie? Quell’azione anti provincia è stata data in pasto ai cittadini disinformati, e purtroppo per noi tutti è stata recepita, perché a spiegare il bene ci vuole molto ma a calunniare si fa in fretta.
Lo stesso sconforto ha coinvolto gli agricoltori che si son visti sottrarre un progetto finalizzato alla valorizzazione dei seminativi e che stavano seguendo con un attaccamento mai visto sullo scenario regionale. Vivere la Campagna era improntato verso una visione variegata dello sviluppo interno con ricadute su tutti i settori del lavoro. Di fronte all’ azione dei detrattori non siamo stati capaci di difendere neanche le azioni che sarebbero tornate utili al territorio, alla scuola e a noi cittadini. Di fronte alle crociate ‘cancella tutto’ i cittadini hanno scelto col proprio voto di punire gli amministratori del Medio Campidano. Invece hanno punito loro stessi. Il rischio attuale è quello che quanto accumulato e fatto durante un decennio quasi di gestione virtuosa venga saccheggiato dalle alte burocrazie e dalle lobbies dei politici. Diventeremo ancora più succubi delle politiche centraliste di quegli enti che con il loro elefantiaco apparato consumano la più grande fetta delle risorse finanziarie della società sarda senza incidere minimamente sulla ripresa dello sviluppo. Come cittadino e come insegnante ritengo che sostenere la vita democratica sia un dovere civico. Non tutto è perduto e la demagogia può essere combattuta. Il riordino delle province avrà dei costi e dei tempi rilevantissimi a fronte di risparmi piuttosto incerti ed impercettibili.
L’abolizione sarà un’impresa colossale, che non solo si presenta complicatissima per la quantità di dati da rilevare, ma soprattutto per i risultati. Anche se è tardi vale la pena di occuparcene per difendere la nostra identità territoriale e le possibilità di lavoro in casa nostra.
Maurizio Tancredi - Villamar.