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Sardegna

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Vivere la campagna

Lo Zafferano di Sardegna ha conquistato il titolo di Dop. Un goloso tesoro giallo

zafferano

Mittwoch, 4. Februar 2009 - LA NUOVA SARDEGNA

BRUXELLES. Finalmente. Bruxelles ha promosso lo «Zafferano di Sardegna» tra i prodotti di alta qualità che ora verranno iscritti nel Registro europeo delle denominazioni d’origine (Dop), Indicazioni geografiche (Ipg) e Specialità alimentari, tutelati dall’Ue contro imitazioni e falsi. La decisione, che riguarda anche l’Igp per il radicchio di Verona, è stata presa ieri dalla Commissione europea, che dopo aver chiuso l’istruttoria sui due dossier ha pubblicato i progetti sulla Gazzetta ufficiale Ue.

Il provvedimento dell’Unione Europea è stata accolta con un coro di commenti positivi ma anche con qualche polemica. «Una doppia vittoria per l’agricoltura italiana - dice Luca Zaia, ministro delle politiche agricole- ll riconoscimento della denominazione Dop allo Zafferano di Sardegna e di Igp al Radicchio di Verona non fa che valorizzare ulteriormente la leadership dell’Italia in Europa quanto a produzioni d’eccellenza».
«Solo ora, in piena campagna elettorale- fa eco l’assessore regionale all’agricoltura, Franco Foddis- il ministro per le Politiche agricole si ricorda dell’agricoltura della Sardegna. Dimenticandosi invece dei gravi ritardi dello Stato nei confronti del comparto isolano che attende da mesi risposte su più fronti. E dimenticandosi che molti degli annunci fatti nei giorni scorsi dal ministro oggi sono già realtà messe in campo dalla giunta Soru». La storia dello zafferano, «tanto sbandierata- commenta Fulvio Tocco, presidente della Provincia del Medio Campidano- è frutto di un laborioso lavoro dell’Assessorato e dei tecnici degli enti strumentali regionali che da tempo lavorano al riconoscimento della Dop».
Per la Confederazione italiana Agricoltori (Cia) «Si rafforza la leadership dell’agricoltura italiana in Europa in fatto di qualità e tipicità» Idem per la Coldiretti per la quale il riconoscimento comunitario «rafforza la leadership italiana qualità alimentare in Europa». Salgono così a 176 i prodotti protetti italiani (114 Dop e 62 Igp) di cui 30 prodotti a base di carne, 35 formaggi, 38 oli di oliva, 58 ortofrutticoli, 2 aceti, 4 prodotti della panetteria, 2 carni e frattaglie fresche, 4 spezie o essenze, 2 pesci, molluschi, crostacei freschi e prodotti derivati e un miele. Lo «Zafferano di Sardegna» è il terzo zafferano che ottiene la denominazione di origine protetta dopo lo Zafferano dell’Aquila e quello di San Gimignano. La Dop sarda è riservata al prodotto essiccato in stimmi o fili proveniente dalle coltivazioni di Crocus sativus L. coltivato nei Comuni di San Gavino Monreale, Turri e Villanovafranca. Da un’attenta analisi qualitativa dello zafferano prodotto in Sardegna è stato riscontrato che il contenuto medio di crocina (potere colorante dello zafferano), picrocrocina (sapore) e safranale (aromi) è notevolmente superiore alla norma. La cultura dello zafferano in Sardegna è molto antica ed affonda le sue radici all’epoca dei Fenici che, probabilmente, la introdussero nell’isola.
Soddisfatto anche lo chef Roberto Petza: «Da piccolo giocavo nei campi di zafferano di San Gavino - dice - La cucina della mia famiglia e del mio paese ha sapore di zafferano. Il profumo del nostro zafferano o quelli di Turri e Villanofranca sono più intensi e particolari: li riconoscerei tra mille. Più che a un generico Zafferano di Sardegna, forse, la Dop avrebbero dovuto darla a quello prodotto in Medio Campidano».

Pochi fiori sono belli e affascinanti quanto quelli dello zafferano. Droga, condimento, colorante, afrodisiaco: lo zafferano è tutto questo ma anche di più. E’ un elemento prezioso, ricco, da rubare. Per questo c’è chi lo adultera. Dei circa 45 ettari coltivati in Italia, circa 35 ettari sono in Sardegna. In particolare a San Gavino Monreale (circa 20 ettari), vera capitale italiana dello zafferano, e poi in Marmilla, a Turri e Villanovafranca. Ma c’è una modesta produzione anche a Ozieri, Suelli, Orgosolo, Valledoria e Alghero. Nella ricetta dei malloreddus alla campidanese codificata di fronte al notaio dall’Accademia Italiana della Cucina- delegazione di Cagliari- si impone l’uso dello zafferano di San Gavino Monreale o di quello di Turri: non sono ammesse trasgressioni. Solo quelle due varietà (insieme a quello di Villanovafranca) hanno profumi e colori inimitabili e insostituibili, se si mira a un risultato gastronomicamente esaltante. Solo in quei Comuni si trovano le condizioni pedoclimatiche ideali per la coltivazione del “crocus sativus”. Il nome del fiore nasce da una leggenda. Il dio Mercurio, esercitandosi col lancio del disco, colpisce a morte il suo amico. Addoloratissimo, Mercurio, vuole ricordare in eterno la vittima di quella esercitazione maldestra e per questo colora il sangue del fiore sul quale giace il corpo di Crocus col sangue dell’amico: e da quel momento il fiore si chiamerà “crocus sativus”.
In cucina, oltre al risotto alla milanese, lo zafferano viene impiegato nella preparazione di ravioli, di dolci (a cominciare dalle pardulas) fino alle carni (dall’agnello al capretto), ai sughi e ai pesci (dalla spigola all’insalata di calamari allo zafferano). E mille altre ricette. (p.p.)
PASQUALE PORCU