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Sardegna

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Vivere la campagna

La Sardegna moderna non può fare a meno delle province

Il Presidente Fulvio Tocco

Montag, 27. Mai 2013 - COMUNICATO STAMPA

Senza enti intermedi territori più deboli
Recuperare il rapporto di fiducia tra cittadino e istituzioni con atti concreti finalizzati alla valorizzazione delle risorse locali per navigare nel mare della globalizzazione senza esserne inghiottiti
Chi ha creato il disordine istituzionale ha favorito il prelievo statale delle risorse finanziarie dalle province e di fatto ha contribuito a determinare l’ulteriore impoverimento dei territori, rallentando ogni possibilità di ripresa dell’economia. Anche per queste precise ragioni, le imprese e i cittadini esclusi da mondo del lavoro, che di fatto pagano i danni di tali scelte, non dovrebbero dimenticare i fomentatori di questa anacronistica politica.
I partiti politici, da un lato, si son fatti sorprendere dalla demagogica campagna anti provincia, dall’altro, non hanno voluto dare credito alle politiche che, di fronte al fallimento del sistema della grande industria, miravano allo sviluppo dell’economia locale, puntando sulla conservazione degli ecosistemi, delle biodiversità, la valorizzazione dei beni culturali, del cibo e del paesaggio come bene collettivo, con ricadute positive su tutti gli altri settori del lavoro. Parte della classe politica sarda ha osteggiato questa visione dello sviluppo e, con il sostegno di un’intensa campagna mediatica di un’informazione giornalistica faziosa, ha additato nelle province il luogo degli sprechi, per nascondere le debolezze e i costi della politica e della burocrazia allocati altrove, contribuendo a spezzare il rapporto di fiducia tra l’ente intermedio e il cittadino.
Si avvicina la scadenza del 30 giugno della proroga per l’esercizio delle funzioni da parte delle province soppresse dal referendum, e ancora non si prospetta nessuna soluzione sul piano del riordino degli enti locali. La logica ha dimostrato che quando si colpiscono parti della Costituzione, senza avere una chiara visione delle alternative, si produce solo un caos istituzionale. Siamo passati da un ordine costituzionale che poteva essere migliorato attraverso la produzione di un Codice delle autonomie locali, con una precisa individuazione di compiti e funzioni, a un disordine che ha ingarbugliato le funzioni della pubblica amministrazione.
Ora occorrono riforme vere, di pronta implementazione per evitare il perpetuare del disordine, la confusione e lo scoramento di chi non ha un lavoro. Ma la ripresa non può essere affidata al sistema regionale, poiché lento e poco incline all’innovazione. Col nuovo governo nazionale ritorna un’altra volta nell’agenda il tema dell’ente intermedio. Si pensa forse che la rabbia delle persone in difficoltà si possa rasserenare con il superamento delle province? L’ente intermedio non può essere spazzato via per l’incapacità di chi ha governato i processi a Roma o in Sardegna, senza valutare che alla cancellazione delle province segue la rimozione dei servizi dello stato e della regione, dei servizi sanitari, giudiziari, delle entrate e della previdenza, a danno soprattutto delle popolazioni più distanti dalle città. Altro che abolire le province! I problemi da affrontare e da risolvere sono ben altri. Non si può eludere la questione dell’evasione fiscale o dell’uso improvvido del danaro pubblico, o dei privilegi mentre c’è chi muore di fame. La politica deve preoccuparsi di queste emergenze e, dove non arrivano lo Stato e la Regione, devono intervenire la Provincia e il Comune. Per i progetti collettivi la provincia, per gli interventi alla persona il comune.
La fiducia tra cittadino, politica e istituzioni deve essere necessariamente recuperata affrontando i nodi veri della crisi con azioni concrete. La priorità del momento è il lavoro; le risorse vanno impiegate per il miglioramento dei servizi e per stimolare le attività produttive. I cittadini hanno bisogno, in un momento di contenimento della spesa pubblica come questo, di sapere chi si occupa delle strade, delle scuole, di turismo, dell’ambiente e di tutele in caso di calamità naturali e di incendi. Ormai è noto che i servizi effettuati a livello locale sono più efficienti, costano di meno e sono sottoposti continuamente al controllo dei cittadini. La stessa rappresentanza democratica deve essere più efficiente. C’è un gran bisogno della semplificazione del sistema pubblico sulla linea Stato, Regione, Provincia, Comune: si superino gli enti di secondo livello, troppo costosi, le cui funzioni potrebbero essere assorbite dall’ente provincia.
Il contenitore esiste già, basta adeguarlo. Si taglino pure le indennità degli amministratori e i privilegi delle burocrazie però non si rinunci alla gestione democratica del territorio perché all’orizzonte, dopo il fallimento del capitalismo, non si intravvedono progetti di crescita e di progresso.
Fulvio Tocco