Logo of the Province of Middle Campidano

Sardegna

Salta la barra di navigazione e vai ai contenuti

Vivere la campagna

La rivincita del grano buono dei nonni

grano

Donnerstag, 22. Juli 2010 - L'UNIONE SARDA

Agricoltori e panificatori uniti: prezzo giusto, pane più saporito

TUILI-TURRI La linea di confine dove si combatte l'ultima, forse decisiva, guerra del grano sardo passa nei campi tra Turri e Tuili, cuore di Marmilla, tocca il Campidano, sale fino alla Trexenta e al Sarcidano, ex granai convertiti in campi incolti. Sotto la Giara la spiga del Senatore , quella che fa buono, profumato (e bianco) moddizzosu e coccoi, si piega al leggero maestrale. Distese dorate che sembrano non finire mai, all'ombra dei nuraghi-fortezza e delle colline-mammelle. I chicchi sono gonfi e consistenti, lo stelo rigido e flessuoso allo stesso tempo, ricercatissimo dalle cestinaie di Sinnai. Era il frumento d'Italia, un tempo razza eletta, abbandonato negli anni Sessanta-Settanta, colpevole di basse rese e di crescere troppo (in altezza).
LA RIVINCITA Ora il Senatore Cappelli si è preso la rivincita. Sotto l'uragano dei prezzi-choc che si è abbattuto sull'ex granaio sardo, su trigu de su senadori sta vincendo la sfida. Della qualità e dei prezzi. «Quest'anno lo pagheremo ai produttori almeno 40 euro il quintale, prezzo base, garantito», dice Santino Accalai, sementiere, titolare della Selet di Tuili. Quasi un miracolo, se si pensa che le altre varietà di grano - quelle che hanno soppiantato e condannato il Cappelli - spuntano nell'estate 2010 una media di 14 euro il quintale: prezzo da fame che spiega la grande fuga dai campi. Un trionfo per su trigu dei nonni. Che non ha mai subito manipolazioni genetiche, né raggi gamma né trattamenti ogm. Un duro di natura, all'antica, che contiene meno glutine, più vitamine e minerali, di ottima digeribilità. E soprattutto dà al pane un gusto e un profumo unici: moddizzosu, civraxiu e coccoi non temono confronti. Come dire: l'arretratezza di ieri diventa un valore anche commerciale.
La sorpresa è che lo difende un piccolo esercito di coltivatori, sementieri, panificatori, pastai, molitori, persino produttori di birra. Un drappello di custodi dei sapori antichi che tre mesi fa si è costituito in Comitato di valorizzazione e recupero del grano Senatore Cappelli. Atto di battesimo presso la sede Laore di Suelli, l'agenzia regionale che ha promosso l'iniziativa. Una battaglia per salvare, grazie al grano degli antnati, le piccole economie locali altrimenti destinate a scomparire. Soprattutto ora che l'Unione europea ha chiuso i rubinetti dei premi e degli incentivi. I produttori sanno che questa varietà ha molte controindicazioni: una resa inferiore alle altre più moderne (25 quintali per ettaro contro 35), cresce fino a quasi due metri d'altezza, quindi si piega, si croccara : e questo complica la mietitura.
A TUILI LA BANCA DEL SEME «Non bisogna lasciarsi ingannare dalle basse rese del Senatore Cappelli se poi il prezzo pagato ai contadini è più alto e il prodotto più ricercato. È una nicchia di mercato sempre più importante», dice Santino Accalai, presidente del Comitato. A lui il merito di aver creduto e riscoperto, venti anni fa, su trigu dei nonni. A Tuili, la sua Selet (una delle due aziende italiane certificate a selezionare il grano Cappelli, l'altra è a Matera) è una sorta di banca del seme-tesoro, una cassaforte del gusto salvato: esporta i semi da riproduzione in tutta Italia, richieste in forte crescita, non solo al Sud, ma anche in Umbria e Toscana.
Un centinaio di aziende, mille ettari sui sessantamila coltivati a grano nell'Isola (erano centomila solo vent'anni fa). I numeri del Senatore Cappelli potrebbero crescere ancora. Perché questo spilungone dei campi, pur faticoso da lavorare, è imbattibile sul piano del gusto e della qualità. Fernando Atzeni mostra con orgoglio le spighe mature nei suoi terreni a Pe bia Obadri, sulla via di Baradili, al confine con la Marmilla oristanese: «È un grano senza veleni, non ha bisogno di concimi né diserbanti perché soffoca le malerbe naturalmente, grazie alla sua altezza. È una varietà unica, non chiediamo sussidi ma un giusto prezzo».
MALLOREDDUS AL DENTE Già sindaco di Turri, Atzeni inventò anni fa con Gianni Sanna la sagra della mietitura a mano per celebrare quel grano benedetto e rispettato, che per secoli ha sfamato la Sardegna contadina. Dalla coltivazione dei chicchi naturali è passato cinque anni fa a un agriturismo tutto biologico, Su Massaiu, fattoria didattica tra ulivi e erbe officinali (piatto tipico: la zuppetta di lenticchie e grano preparata dalla moglie Vincenza). Dove sperimenta la pasta fresca col Senatore Cappelli. Voci (interessate?) da anni mettono in giro la diceria che quella pasta non tenga in cottura. «Una bugia. Prepariamo malloreddus, fregola, tagliatelle e trofie. Tengono in cottura, eccome». Chi scrive ha provato i malloreddus con i pomodorini di campo: non temono rivali. E così a Isili è nato il pastificio Araj: si è unito alla pattuglia dei salvatori del vecchio grano dei sardi, con i mulini di Nurri, Samugheo e Villanovafranca.
MARCHIO DI QUALITÀ In Marmilla gli agricoltori parlano di biodiversità, di filiera corta, di prodotti a chilometri zero. Si consorziano. Sognano un marchio. Chiedono un consorzio di tutela. Per salvare una cultura millenaria e riconoscere il loro lavoro, ripagandolo dalle angherie di un mercato che inesorabilmente strozza e condanna i piccoli. Una che al marchio ci ha pensato da subito è Viviana Sirigu. Due anni fa ha inventato Kentos, il pane dei centenari. Panificio a Orroli, terra di longevità (è una delle tre aziende nazionali certificate a panificare con il Cappelli), 50 ettari seminati, produce 25 quintali di coccoi e moddizzosu in cinque giorni lavorativi (gli altri due si riposa). Dice Viviana, vicepresidente del Comitato: «Per noi è un vanto usarlo.È un grano eccellente, ma la lavorazione è molto lenta, solo così il gusto si esalta. Nello stesso tempo in cui noi prepariamo 100 chilogrammi di pane, un altro panificio moderno ne produce 400. Ma il nostro pane dura anche una settimana. Anche perché usiamo il lievito naturale, su frammentu, tramandato da mia trisnonna».
LA NUOVA FRONTIERA Una bella lezione dalla nuova frontiera del grano. Dai difensori di questa spiga che portà in sé i segni della vita. E forse della rinascita. Se è vero che le analisi condotte dall'agenzia Laore hanno certificato che su 28 qualità di grano, il Cappelli è quella che conferisce il gusto migliore al pane: notizia da tenere presente in un'Isola in cui sbarcano ogni giorno sui container 300 quintali di pane precotto surgelato. «Chiediamo un sostegno da parte della Regione - dice Accalai - non contributi, ma assistenza tecnica e promozione».
Forse bisognerebbe farlo conoscere, farlo assaggiare, farlo vedere, perché oltre l'Oscar del gusto, vince quello della bellezza, con quei filamenti (baffi o ciglia, a seconda dei gusti) bruno-dorati, davvero seducenti. Saludi e trigu , dicevano i nonni. Forse perché quella spiga gonfia indicava le vie della prosperità. Forse perché sapevano di che pasta (e pane) era fatto il buon grano delle campagne sarde. Gli stessi chicci che i custodi dei sapori antichi vogliono salvare e far prosperare.
caravano@unionesarda.it
Dal nostro inviato
Lello Caravano