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Santu Isinni. Sa festa manna de Bidd'escidru. tra cronache d’epoca e testimonianze d’archivio

Processione della domenica  “ Rientro in Parrocchia della Reliquia del Santo”

A Villacidro si trovano tre chiesette campestri situate in località affascinanti.
Fra queste la più sontuosa è quella dedicata e consacrata a San Sisinnio, protettore dei Cidresi e delle donnicciuole superstiziose, contro le fattucchiere delle stregonerie.
La chiesa, modesta, assai spaziosa e molto accogliente, situata a destra del fiume Leni, immersa e quasi nascosta tra olivastri secolari che col verde cupo delle loro fronde fanno risaltare la maestosità del bianco monumento.
Nel lato orientale della chiesa sorge, alto quanto la parete a ridosso di questa, l’altare maggiore, tutto in legno artisticamente lavorato; e, a mezza altezza del medesimo, posta nella sua nicchia, dai contorni dorati, il maestosa del gran Taumaturgo.
Ai lati dell’altare pendono parecchi quadri, pregevoli per la loro antichità, sui quali sono rappresentati alcuni dei miracoli del Santo. L’ala distruttrice del tempo ha di già impresse le sue tracce su quelle tele, ivi deposte dall’animo grato e riconoscente di alcuni devoti, per cui a stento si giunge a farsi un’idea del fatto, che l’umile pannello vi volle immortalare.
Da ciascun lato della chiesa stanno due cappellette e per un uscio, che sta a sinistra dell’altare, si passa in sacrestia, formata da una stanza spaziosa.
A giro dell’edificio sta un loggiato, sorretto da colonnine di pietra, e da questo, a ponente, si ha l’accesso a due stanze, destinate per alloggio dell’obriere.
Dirimpetto alla porta maggiore della chiesa, a mezzodì, sta una cosuccia di due stanze, destinata ad accogliere il sindaco con la sua famiglia. Ivi tutti gli anni a luogo un geniale e sontuoso banchetto che viene offerto dal municipio alle primarie famiglie del paese.
A ridosso della facciata del piccolo fabbricato viene eretto in si fatta circostanza un loggiato con travi, rivestite di grosse fronde di corbezzolo, di salice e di mirto. Attorno alle verdi colonne di quell’effimero e profumato riparo, prima e dopo il banchetto, che non può aver luogo che a mezza notte, s’intrecciano le voluttuose danze, l’allegro e originale ballo sardo, le polche e valzer rapidi e vertiginosi.
Fin dalla vigilia della festa, che occorre invariabilmente la prima domenica di agosto, si vedono molte famiglie dei comuni limitrofi e specialmente quelle di Serramanna, recarsi in quel piacevole poggio sui loro carri o carrettoni adattati a traccas, cioè sormontati da una coperta bianca, detta fanuga, che viene assicurata a cerchi di legno, mediante nappette a vari colori.
L’ha ogni famiglia ripone i suoi bagagli sotto uno dei grossi alberi, che stanno presso la chiesa e vi sta come in casa propria, quantunque tali alberi vengano designati assai prima, anzi taluni li considerano come loro proprietà per aver anche i loro vantaggi maggiori per aver preso posto sempre in quel dato sito.
Il venerdì avanti la vigilia il parroco, a cavallo e accompagnato da immenso popolo, trasporta da Villacidro la Reliquia del Santo.
Questa processione acquista un aspetto assai curioso, per la numerosa cavalleria che la precede, della quale si terrà parola in seguito.
Terminata la festa, cioè la domenica sera, il reliquario viene ricondotto in paese allo stesso modo.
Durante la lieta ricorrenza in quel luogo pittorico si fa una piccola fiera di merci, prodotte dalle industrie isolane.
Sovratutto è però rimarchevole il numero dei vivandieri, liquoristi e dolciari che offrono per pochi soldi tante leccornie.
La festa riesce allegra, animata, piacevole.
Da una parte ci si sente chiamare dai venditori dei bianchi torroni, confezionati di mandorle, fior di farina, albume, miele e zucchero, che pregano di acquistare la loro merce eccellente. Dall’altra ci feriscono l’orecchio le grida altisonante dei chiassosi venditori dei classici porcetti che, stando esposti così macellati, col ventre e la bocca ripiena di tenere fronde di mirto, sollecitano l’appettito dei passanti.

Né a confortare l’ugola riarsa dall’intenso calore di agosto, mancano quei d’Aritzo, che per poca moneta offrono i loro gelati, detti “Sa Carapigna”.
Qua e là un gran numero di botti e caratelli, pieni d’inebriante liquore, così che puossi gustare un bicchiere di vino nero o bianco o un generoso gotto di vernaccia di Solarussa o di moscato di Gestori.
E tutte quelle voci alte e fioche, che i merciaioli ivi attendati fanno echeggiare per l’aria calda, afosa, vengono dominate dai buffi ritornelli che, con voce robusta, fanno sentire gli allegri venditori di nocciole e ceci abbrustoliti.
Il concorso dei festaioli v’e quasi sempre notevole. Quell’ameno poggio, che durante l’anno rimane sotto il dominio del silenzio e della maestosa solitudine, presenta un grazioso spettacolo per la moltitudine allegra e spensierata, che si diverte in mille guise e compie in mezzo al verde di quei siti romantici tanti idilli che deliziano l’anima.
Dappertutto si nota un viavai continuo, un allegro vociare, un brulichio assordante, che ascoltato in lontananza somiglia il fremito di un torrente che straripi, che sia per investirci da ogni parte.
Da mattina a sera i festaioli accorrono incessantemente in chiesa per assistere agli uffizi divini, per sciogliere i loro voti. Poi riuniti in gruppi più o meno numerosi si fermano attorno ai loro carri, dove stanno tutte le provviste per la circostanza.
E nei diversi siti occupati in brevi s’accende il fuoco per cuocere le vivande, arrostire i grossi tocchi di carne e gli appetitosi porcelletti, che denno allietare quelle mense, li improvvisate, con tovaglie di bianco lino, distese sull’arido terreno.
Nugoli di fumo salgono da ogni parte nell’atmosfera, che diventa grave, soffocante, per quell’odore di grasso che la vizia, e tutta quella gente fortunata, seduta per terra, in circolo, con le gambe a croce, come i Turchi, non pensa che a far sparire tutto quel ben di Dio apprestato, accompagnando le saporite pietanze con larghe libazioni di ottimo vino.
Il pranzo riesce gaio, piacevolissimo: il conversare fra commensali si fa sempre più animato e chiassoso a misura che più s’alza il gomito, e , in uno a quel vociare allegro e confuso, s’odono i cozzi dei bicchieri scintillanti.
Levate le mense le persone in liete brigate si disperdono per le vigne e per gli ombrosi sentieri, o al rezzo di qualche albero fronzuto improvvisano il ballo tondo al suon delle tradizionali launeddas e degli organetti.
La domenica il concorso diminuisce sensibilmente.
I festaioli, dopo aver adempito il loro dovere di buon cristiani nel tempo votivo, dopo essersi divertiti un mondo fra le delizie della cara festicciuola, pensano a far ritorno alle loro case.
La mattina del lunedì quel poggio è quasi deserto. Al brio straordinario dei giorni innanzi, alla gaia spensieratezza, succede la solita calma monotona, che, col ricordo soave festa passata, mette nell’anima un senso di dolce mestizia.
La chiesa solitaria conserva ancora le tracce del lieto avvenimento. I grossi festoni di mirto, attaccati al frontespizio, cominciano ad appassire, esaltando una fragranza soave.
Qua e colà qualche fanciullo vagabondo, che razzola fra mille frantumi di carta ed i rami di mirto e di corbezzolo, sparsi per ogni dove e calpestati, colla speranza di rinvenirvi qualche moneta od altro che, in mezzo al trambusto, v’avessero smarrito i festaioli.
Il lunedì la festa si continua qua in paese; e così si pone fine alla fausta e cara riconoscenza che lascia nell’animo un grato ricordo ed un desiderio vivissimo di goderla per lunghissimi anni.
SALVATORE MANNO, Villacidro, Iridescente, Cagliari 1893,pp 35-41.

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Finalmente io invoco spra di voi, amatissimi figli, la possente protezione del vostro gloriosissimo martire San Sisinnio, la cui devozione avete tutti fin dalle fasce impresse ne’ vostri cuori, e famigliare nelle vostre labbra: questo santo gloriosissimo, che voi tanto venerate, ed amate, come vostro paesano, vostro padre, vostro protettore, e come tesoriere di tante grazie, e come dispensatore di tanti miracoli, quanti confessate averne ricevuto dalla sua mano liberissima; questo gloriosissimo martire io prego caldamente, che vi protegga sempre, e vi difenda in tutti i pericoli si dell’anima, che del corpo, e che sia per voi scudo impenetrabile contro le velenose saette del nemico infernale.
MON. GIUSEPPE PILO, Discorso per la presa di possesso di Villacidro in GIOVANNINO PINNA, L’azione riformatrice di un vescovo del settecento, Monastir (Ca) 2003, pp. 165-166.

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Feste. Le più celebri sono per S. Barbara addì 4 dicembre, e per San Sisinnio nella terza domenica di Agosto.
Nella vigilia di questa si trasporta da Villa-Cidro nella detta chiesa la reliquia del santo con l’accompagnamento del clero, delle confraternite, della cavalleria, e di gran numero di devoti. Concorrendo all’una e all’altra da’ dipartimenti vicini molta gente, tienesi una fiera di tre giorni.
DAL DIZIONARIO ANGIUS/CASALIS, La Sardegna paese per paese, Cagliari 2004.

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Pars magna della festa di San Sisinnio (che si celebra ogni anno il sabato antecedente la prima domenica di Agosto), e il trasporto professionale della medesima Reliquia il venerdì sera dalla Parrocchia alla Chiesa Campestre: Cavalleria, anche il Sacerdote in cotta e stola a cavallo scortato dai Carabinieri e dal Capitano della Cavalleria. E si come la tradizione popolare dice che anticamente si disputassero la Reliquia i fedeli di Serramanna e di Villacidro, il Capitano della Cavalleria, allo sbocco di una stradetta che si congiungerebbe con la strada di Serramanna, si ferma con la sciabola sguainata fino al passaggio della Reliquia, quasi per difenderla da ogni eventuale assalto. Festa il sabato (anticamente con grande baldoria con intervento del Sindaco e del Consiglio Comunale); anche funzioni religiose con predica, ecc.; gara di tiro al gallo, gare poetiche; fino alla domenica mattina, con la Messa prestissimo. Poi sosta, fino alla sera, per il ritorno della Reliquia in Parrocchia, con le stesse modalità. Il lunedì festa popolare nei dintorni della Parrocchia, con funzioni religiose, fuochi artificiali, ecc.. L’entusiasmo dei tempi passati però si sta affievolendo gradatamente, e certe cose si fanno a sistema ridotto.
ARCHIVIO PARROCCHIALE SANTA BARBARA, VILLACIDRO, Liber Chronicus.

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Villacidro, Agosto 2003 (Anno della fondazione dell’Associazione San Sisinnio)