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17.a edizione della “Festa del Borgo. - Arti, tradizioni, folclore, mestieri, ospitalità”

locandina

Comune: Sanluri -
Data inizio: Sunday, September 23, 2012
Data fine: Sunday, September 23, 2012

Domenica 23 Settembre 2012, si terrà a Sanluri la 17.a edizione della "Festa del Borgo. - Arti, tradizioni, folclore, mestieri, ospitalità".
La manifestazione è organizzata dal Comune di Sanluri in collaborazione con la Pro Loco e la associazioni locali.
 
Domenica 23 Settembre
ore 12 -"A ci potai sa roba" in corteo da casa Congia-Saragat (Piazza Castello)  - A sa domu de is Sposus (Via Verdi 25)
ore 16 - Corteo Nuziale in corteo da casa Congia-Saragat (Piazza Castello) - A sa domu de is Sposus (Via Verdi 25)
A seguire Su Cumbidu e festa manna

Su Sposoriu Antigu

Nel passato si arrivava alla celebrazione delle nozze, “Sa coia”, dopo particolari fasi, veri e propri riti cerimoniali. I primi approcci, “Su fastigiu”, venivano tenuti nascosti; ci si intendeva ricorrendo a codici di comportamento prestabiliti tra gli interessati, seppur consumati in luoghi di vita sociale (chiesa, piazza) dove i giovani si “Pichianta s’ogu”. Se l’interesse reciproco trovava conferma nel tempo l’uomo dichiarava apertamente ai genitori della ragazza l’interesse a giungere a matrimonio “a si coiai”. Questa intenzione la si poteva esprimere in diversi modi: parlando direttamente con gli interessati, spedendo una missiva preparatoria, o ricorrendo ad un intermediario, in genere una persona carismatica e gradita ad entrambe le famiglie. “Su pabonimpu”.
Se tutto andava a buon fine si “bogada sa cosa in craru” rendendo pubblica la relazione che in breve tempo veniva consacrata con “su fidanzamentu”, considerato moralmente pari al matrimonio in quanto “s’omini iada spendiu fueddu”. Solo ora si poteva stabilire la data del matrimonio.
Una settimana prima delle nozze parenti e amiche della sposa, formando un corteo con carri addobbati con fiori e spighe e donne a piedi, portavano il corredo a casa degli sposi dove veniva preparata la camera “S'aposentu de lettu”, sistemate le stoviglie nelle credenze e con orgoglio esposto il corredo nelle stanze “is aposentus” e nel “su stabi”. Pochi giorni prima la sposa (ma
anche lo sposo) con l’amica del cuore andava a salutare i parenti e gli amici “sa dispirida”. I regali, per lo più oggetti per la casa, venivano portati a casa della sposa e dello sposo uno o due giorni prima; per l’occasione c’era “su cumbidu” per i grandi e “sa stria” per i ragazzi. L’abito degli sposi “su istiri” veniva confezionato dai sarti con tessuti e pregiati. Ora si era pronti per il grande passo “sa coia”. Il matrimonio veniva celebrato prima in comune e poi in chiesa, quasi sempre nel paese della sposa. Durante la messa gli sposi erano al centro dell’altare e gli invitati dietro in panche; le donne rigorosamente separate dagli uomini. Alla cerimonia veniva offerto dagli sposi un pane particolare, “su coccoi de is sposus”. Dopo il rito prima di incamminarsi in corteo verso la casa degli sposi (ma spesso anche all'uscita della casa paterna) si praticava il rito de “s’aratza” : le due mamme segnavano il capo degli sposi tracciando per tre volte il segno della croce con un misto di grano, sale; fiori e monete contenute in un piatto e pronunciando una formula ben augurante: “Si etu custa aratza, chi Deus si onidi paxi, amori e onnia grazia”; quindi il piatto veniva gettato a terra con forza cosi che si rompesse: a terra i bambini raccoglievano i dolci e le monetine.
Si arriva finalmente al pranzo, uno dei momenti più significativi perché occasione per ostentare la propria posizione sociale ed economica. Il menu era composto da minestra di fregola, malloreddus con sugo di galletto, polpette “bombas de is sposus” “sa cassoba” di agnello, carne arrosto “proceddu, angioi e crabittu” con abbondanti verdure “arreiga longa, finugu e apiu”.
Dopo il pranzo canti e balli con la l’immancabile fisarmonica. Per finire i dolci fatti in casa “buconetus, gatou, amaretus, pirichitus, anicini”.
Abbondante e ottimo vino accompagnava la lunga festa.
Ricerche storiche: Lola Congia e Maria Podda.

Giogus e Gioghittus

Su tèmpusu no si frìmmada e de sa giovventudi, bella o maba chi sìada stada, chi si òllidi o chi no si òllidi, abarrada scetti s’arregòdu.
E in conca? Cant’arregòdusu ddoi aidi istuggiausu! De fammi e de abudànzia, de festa e de tristùra, de sallùdi e de mobadìasa, de fittìga e de bagànzia, de giògusu e de gioghittusu, sempri bèllusu, sempri nousu e, asùb'e totu, sempri abettàusu.

Il tempo non si ferma e della gioventù, bella o brutta che sia stata, che si voglia o no, rimane solo il ricordo.
E in testa? Quanti ricordi ci sono conservati! Di fame e di abbondanza, allegri e tristi, di salute e malattia, di fatica e di festa, di giochi e di giocattoli, sempre belli, sempre nuovi e sopra tutto attesi.

Dal libro “Bellus Tempus” di Francesco Onnis.