Logo of the Province of Middle Campidano

Sardegna

Salta la barra di navigazione e vai ai contenuti

Prodotti agroalimentari

Produkte

Produktliste

Lokale Unternehmen

Elenco delle aziende

News

Visita agli apiari dell’Azienda situati nelle campagne della Marmilla

Visita agli apiari dell’Azienda situati nelle campagne della Marmilla

Quello che segue è un breve racconto di ciò che abbiamo potuto osservare visitando gli apiari dell’Azienda di Andrea Farci situati nelle campagne della Marmilla.
Andrea, con lo spirito di chi svolge il proprio lavoro con tanta passione ci ha accompagnato alla scoperta di un mondo dal fascino incommensurabile. Non c’è voluto molto per capire che dietro l’ottima qualità del miele da lui prodotto c’è tanta conoscenza, studio, ma soprattutto amore per la natura e per quelli che a prima vista ci possono sembrare degli insetti aggressivi ma che poi sono in realtà degli esseri indispensabili per la vita sul pianeta.
Un percorso professionale, quello di Andrea Farci, accompagnato costantemente dallo studio di quello che è oggi un comparto che sta vivendo gravi problematiche a causa della moria di api che ha colpito il pianeta, un grave periodo di crisi, forse il peggiore del settore.
Durante la visita all’Azienda, Andrea ci spiega con grande competenza e passione, che se non si riuscirà a limitare la diminuzione delle colonie, la situazione potrà alterare l'ecosistema. Le api sono, infatti, insetti preziosissimi per le impollinazioni che avvengono in natura, dalla loro attività dipende la sopravvivenza di gran parte delle specie vegetali del pianeta.
Se le api scompaiono dal pianeta la stessa sopravvivenza dell’uomo verrà messa in pericolo.
Una moria dovuta a cause difficilmente contrastabili dagli stessi apicoltori, la crescente presenza negli ambienti agricoli di molecole altamente tossiche per le api, la recrudescenza della varroasi e delle virosi legate a questa patologia, gli andamenti climatici stagionali irregolari che influiscono pesantemente sul ciclo biologico dell’insetto, non ultima l’azione operata dal gruccione, predatore goloso delle api.

Partiamo da Lunamatrona per addentrarci dopo pochi chilometri nelle campagne della Marmilla.
Gli alveari raccolti in gruppi in un luogo formano l'apiario. Gli apiari sono sparsi sul territorio in zone adatte alla vita delle api e alla produzione di miele, vicini alle fioriture.

Di cosa si nutrono le api
Le api volano sui fiori per cercare in essi il loro nutrimento.
Sono ghiotte di nettare. Trattandosi di zucchero, l’insetto ne ritrarrà il calore necessario per lavorare. Ma anche le api, come l’uomo, non possono vivere di sole sostanze zuccherine in quanto, vivendo, consumano, e le parti consumate devono essere continuamente ricostruite. Si rende pertanto necessario un alimento costruttore, cioè ricco di sostanze proteiche: il polline è l’alimento adatto. Ecco perché, le api operaie fanno bottino di polline.

Praticare una buona attività di allevamento in apicoltura significa prima di tutto rispettare le api e la loro natura. Una delle buone pratiche che viene normalmente esercitata è che il fumo, usato in apicoltura per calmare le api durante la visita all'alveare e che può essere fonte di inquinamento per il miele, si ottiene bruciando aghi di pino e viene utilizzato il meno possibile.

Andrea ci guida alla scoperta della storia di ciascuna arnia che compone l’apiario, e ci fa notare come sia buona pratica per l’apicoltore annotare la storia sull’arnia allo scopo di conoscere esattamente ogni evento che la riguarda. Quelle scritte, per noi inizialmente insignificanti, prendono forma e man mano che proseguiamo nella visita possiamo notare come ogni arnia sia un mondo a sé.
Nell’arnia abita la famiglia delle api, l’alveare, la cui vita si svolge sui favi che sono pannelli verticali costruiti dalle api con la cera, composti da centinaia di cellette esagonali che ospitano la covata (uova e larve) e sono magazzino per le scorte di polline e miele.
Le arnie o alveari sono cassette di legno che sembrano case in miniatura, esse poggiano su un sostegno, cosicché stanno un po’ sollevate da terra in modo tale da esser protette dall’umidità e dare una maggiore aereazione all’alveare.
In un prato sono allineate molte arnie, nei campi da noi visitati Andrea ha allineate dalle 35 alle 40 arnie. Man mano che ci avviciniamo all’apiario il rumore dei ronziii diventa sempre più intenso, il brulicare di questo mondo diventa realtà quando scesi dal furgone, dopo esser state adeguatamente attrezzate con le opportune protezioni, possiamo osservare con i nostri occhi la vita dell’alveare.
C’è un grande andirivieni li attorno: api che vanno, api che vengono, api che entrano nella cassetta per la bassa apertura rettangolare praticata alla base della facciata anteriore, al livello del pavimento. Ci rendiamo conto che la vita è attiva: le api si muovono e trafficano. A prima vista le api sembrano tutte uguali. Ma no… alcune sono più grandi e grosse; hanno forma tozza, gli occhi, molto voluminosi si toccano. Ecco: una di esse ha il corpo più grande di tutte le altre, la testa più piccola e l’addome più lungo. Quest’ape è davvero la più grande di tutte. Molte altre api, che costituiscono la maggioranza, presentano tra loro le stesse caratteristiche: più piccole delle altre hanno forma snella e occhi posti ai lati del capo.
Ebbene, in questa numerosa comunità, le prime sono i maschi, detti fuchi; l’unica grossa ape è la regina, marchiata sul dorso per indicare l’anno di nascita, ogni anno viene contraddistinto da un colore, ed infine la maggioranza assoluta è costituita dalle operaie. Ogni categoria di ape ha una specifica funzione. L’ ape operaia è una femmina sterile e compie nella sua vita (circa 40 giorni durante l’estate) tutte le attività necessarie al buon andamento della colonia.
Il fuco è il maschio. Sui favi nella bella stagione ne troviamo alcune centinaia; è più grande e tozzo dell’operaia e non possiede pungiglione. In primavera feconderà la regina durante il volo nuziale ma al sopraggiungere dell’inverno verrà scacciato dall’alveare.

L’ape regina, è l’unica femmina fertile, si distingue dalle operaie per l’addome più lungo e voluminoso. Può vivere fino a 4 o 5 anni ed esce dall’alveare solo in occasione del volo di fecondazione e della sciamatura. Il suo compito è quello di deporre le uova, ne può deporre fino a 2000 in un giorno; dapprima controlla la celletta e poi vi introduce l’addome per deporvi un uovo.
L’uovo di operaia si schiude dopo 3 giorni. Nasce una larva che viene alimentata dalle nutrici dapprima con la pappa reale e poi con polline e miele. Passati altri 5 giorni la celletta viene chiusa con un tappo di cera (opercolo) ed inizia la metamorfosi da larva ad ape. Dopo 21 giorni dalla deposizione dell’uovo l’operaia adulta rompe l’opercolo con le mandibole ed esce dalla celletta (sfarfalla).

Come le api si costruiscono le case

Continuando la nostra visita Andrea ci fa vedere un telaio costituito da una cornice di legno, che trattiene un foglio di cera di un certo spessore.
Ogni arnia contiene una decina di questi telai disposti verticalmente e alla stessa distanza l’uno dall’altro. Ci rendiamo conto come i fogli di cera dei telai sono scomparsi sotto la costruzione di infinite cellette di una regolarità tanto perfetta che si direbbero fatte con squadra e compasso…
Le hanno costruite le api usando le loro deboli zampine e le loro fragili antenne.
Le cellette, nel loro insieme, formano il favo.
Si può dire che le api hanno innalzato i muri sulle fondamenta dei fogli di cera offerti dall’apicoltore.
La forma scelta per le celle è la più razionale, perché consente alle api di utilizzare al massimo lo spazio a disposizione; consente inoltre di risparmiare materiale, perché ogni parete, essendo comune in tutta la sua estensione a due cellette confinanti, ha doppio uso. Si distinguono tre tipi di celle: per le operaie; quelle ai bordi del favo, sono per i maschi; quelle più grandi di tutte, sono per l’ape regina.
Osservando il favo, attaccato al fondo di ogni cella scorgiamo un piccolo uovo. Abbiamo la fortuna di osservare l’ape regina introdurre il capo in una cella, che sta per diventare…una culla, compie da prima un’ispezione per verificare che la cella sia idonea e poi introduce nella stessa l’addome… e depone l’uovo. Andrea ci dice che siamo state fortunate, non è infatti semplice poter osservare l’ape regina deporre le uova tenendo il telaio alla luce del sole cocente di un pomeriggio di giugno!
Dopo alcuni giorni dalla covata nasceranno le larve. Le api operaie fanno da nutrici alle neonate. Le nutrono, infatti, con una specie di latte denso, ricco di sostanze nutritive: è la pappa reale, che secernono le loro ghiandole salivari.
Le larve crescono rapidamente. Le celle vengono chiuse da uno strato sottile (opercolo), poroso, di cera e polline, ad opera delle nutrici, desiderose, che le larve, ormai mature e sazie possano starsene tranquille.
Dopo circa 3 settimane dal momento della deposizione dell’uovo, cominciano a nascere le neonate, che escono fuori dalle celle un po’ come il pulcino esce dall’uovo. Ben presto l’ape, nata in un certo senso per la seconda volta, è pronta alla vita. Ha subito una metamorfosi completa.
Ogni regina trasmette un suo odore particolare alle sue api. Un’estranea nono viene ospitata per alcun motivo nell’alveare il pungiglione è una potente arma di difesa e di offesa. Usato contro l’uomo provoca la morte dell’ape; usato contro altre api o insetti qualunque, no.
Questo perché nell’uomo la punta del pungiglione penetra all’istante nella pelle. La pelle, essendo elastica, non appena ha lasciato passare le alette dell’ago, si richiude. L’ago resta prigioniero. L’ape diventa furiosa: vuole fuggire..dà uno strattone…Riesce infine a liberarsi, ma il suo pungiglione resta infisso nella pelle insieme ad una parte dell’intestino a cui è unito. L’ape di lì a poco muore.
Il pungiglione è velenoso per una gocciolina tossica che inocula nella nostra pelle. Quel veleno è secreto da particolari ghiandole.

Conclusa la visita al primo apiario ci spostiamo col furgone per raggiungere un nuovo apiario situato in un campo di trifoglio e da queste fioriture che nascerà, grazie all’opera di queste meraviglie della natura, uno dei mieli più apprezzati per il suo gusto delicato “il miele di trifoglio” .
Insieme ad Andrea controlliamo le arnie ad una ad una. Ormai le api non ci fanno più paura e quel ronzio inizialmente inquietante è diventato per noi un rumore familiare.
Ringraziamo Andrea per averci guidato con tanta professionalità allo scoperta del mondo dell’apicoltore, un apicoltore che pone come pilastri del suo lavoro la conoscenza, lo studio, l’amore per natura, elementi che lui stesso definisce come fondamentali per potersi dedicare a questa professione, una professione che non ci si può inventare da un giorno all’altro ma che richiede tanta preparazione e rispetto per l’ambiente che ci circonda è questa l’unica vera ricetta per poter ottenere un miele di ottima qualità, come il miele dell’Apicoltura di Andrea Farci.